Itinerario esteso
Questo itinerario ti consentirà di scoprire il MUMAC nei dettagli, approfondendo numerose tematiche e peculiarità uniche al mondo.
Museo: MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Cimbali Group
Benvenuti al MUMAC!
In questa sezione il visitatore avrà una prima panoramica delle peculiarità del MUMAC in una visita breve che però non tralascia i punti fondamentali dell’evoluzione della macchina per caffè nel tempo, con alcuni riferimenti alle tecnologie, al design e agli usi e costumi legati al consumo della bevanda
Benvenuti al MUMAC! Qui siete nella Hall: probabilmente avete appena varcato la soglia del museo, dopo l’accesso alla reception, magari avete già assaporato un ottimo caffè nella caffetteria che trovate entrando a sinistra e, ora, state per iniziare la vostra visita. Prima di entrare nelle sale, prendetevi un attimo e fermatevi qui, nell’ingresso, per cominciare ad assaporare storia, curiosità e particolari di questo luogo. Questo museo è nato nel 2012, all’interno dell’headquarter di Gruppo Cìmbali, qui a Binasco. È stato realizzato in occasione del centenario della fondazione dell’impresa, avvenuta nel 1912 da parte di Giuseppe Cìmbali a Milano, ed è la più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine professionali per il caffè espresso. È un museo d’impresa che va oltre il concetto di museo di impresa: al suo interno espone, infatti, non solo le macchine dei brand del Gruppo (La Cìmbali, Faema, Casadio, Slayer), ma tutti i brand che hanno costituito le pietre miliari del settore. Grazie alle collezioni della famiglia Cìmbali e di Enrico Maltoni, il più grande collezionista al mondo di macchine per caffè, il museo espone oltre 100 macchine e racconta più di un secolo di storia dell’evoluzione di un intero comparto del Made in Italy, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche del design, dello stile dei prodotti e degli usi e costumi legati al consumo della bevanda. Ci sono poi altre 250 macchine non esposte, ma a disposizione per altre attività e progetti di cui vi diremo più avanti. Prima del museo, qui, c’era il magazzino ricambi dell’azienda che è stato trasformato in quello che potete vedere, grazie ad un progetto affidato all’architetto Paolo Balzanelli e all’ingegner Valerio Cometti, che ne hanno curato tutti gli aspetti, dalla definizione del luogo alla progettazione degli spazi, dall’allestimento agli arredi. Secondo il variare dello spirito dei tempi e delle esigenze espositive e di utilizzo, alcuni successivi restyling (curati in momenti diversi dallo studio Traverso-Vighi e dai designer Antonella Andriani e Ambrogio Rossari) ne hanno trasformato spazi e usi, facendone quello che potete vedere oggi: un luogo inaspettato, appassionante e unico.
Gli esterni
Questa sezione si concentra sull'esterno del Museo, anch'esso un'opera d'arte tra strutture avveniristiche e murales variopinti.
Un po' di pazienza e iniziamo il percorso nelle Sale! Forse non ve ne siete accorti, ma la vostra visita è già iniziata ancor prima di entrare! Proprio così: possiamo dire che la scoperta del MUMAC non inizi all’interno dell’edificio, che ospita le collezioni, bensì, al suo esterno. Prima ancora di giungere all’ingresso, avrete infatti notato l’opera muraria che circonda il museo. Si tratta di un murale che accoglie il visitatore, raccontando una storia. Ben 400 metri quadrati colorati raffigurano l’intera filiera del caffè, a partire dalla piantagione, per arrivare all’erogazione della bevanda in tazzina. Filiera, dove la macchina per caffè ha la responsabilità di estrarre il meglio dalla materia prima, per dare valore a quelle 2000 mani, attraverso le quali arriva fino a noi. La filosofia di accoglienza, l’attenzione al territorio e la volontà di diffondere cultura hanno consentito la realizzazione di un progetto che coniuga l’espressività artistica con il rispetto del decoro urbano, favorendo la collaborazione tra privato, pubblico e giovani artisti della città. L’opera, che è diventata bene di tutti, dimostra il potenziale che la cultura può avere nel ridare vita e bellezza al territorio che la ospita. Il murale è un invito al pubblico ad entrare per scoprire il museo e la sua storia: se non lo avete visto bene, avvicinatevi al pannello di fronte alla reception per scoprirne i particolari. Da fuori, una volta varcata la soglia del cancello vi siete trovati di fronte l’edificio rosso che ospita il museo: un progetto architettonico che non tralascia nessun particolare, facendo di MUMAC uno dei più interessanti esempi di architettura museale contemporanea. Il corpo centrale del museo, cioè l’edifico originale che ospitava un magazzino ricambi, è abbracciato da doghe di metallo rosso dalle linee curve che richiamano i flutti dell’aroma del caffè che si sollevano dalla tazzina. La reinterpretazione del calore sprigionato dalla macchina per caffè è visibile di notte, quando la luce artificiale filtra tra le doghe, creando un reticolo luminoso. Avrete poi senz’altro notato una enorme tazzina bianca che si staglia di fronte alle doghe rosse, invitandovi fin dall’ingresso a interagire con il museo, per uno scatto fotografico molto… “social”! Se non l’avete già fatto, ricordatevi di fare una foto ricordo della vostra visita e a condividerla con noi con il tag @mumacmuseo.
Sala Albori
Questa sezione segna l'inizio della visita interna museale con la bellissima Sala Albori.
Bene: adesso, finalmente, potete varcare la soglia delle sale museali! Procedete a sinistra del pannello divisorio marrone su cui è rappresentata la mappa del museo: ma, prima, se volete orientarvi, datele un’occhiata! A sinistra un grande “Benvenuto” vi racconta la filosofia del MUMAC (se vi fa piacere leggerlo o ascoltarlo, vai all'itinerario introduttivo). Fermatevi proprio all’ingresso della prima sala: siamo nella Sala degli Albori, dove nasce l’Espresso. Spalle alla parete marrone, vi trovate in Italia fra la fine dell’800 e i primi due decenni del ‘900. Le foto alle pareti, il grande bancone, le macchine, le immagini pubblicitarie ci raccontano che siamo in un momento di grande fermento e innovazione. La rivoluzione industriale, la macchina a vapore, il treno accorciano le distanze verso le novità e il futuro. A sinistra vedete il primo pezzo su cui soffermare la vostra attenzione: il brevetto Moriondo. In realtà, si tratta di una fedele riproduzione sulla base del brevetto originale della macchina, di cui, nel 1884, parla la «Gazzetta Piemontese» (che diventerà poi «La Stampa» di Torino), annunciando la nascita di una «bellissima macchina per fare il caffè». È l’invenzione del torinese Angelo Moriondo che, pur ancora lontana dall’elaborazione delle prime macchine per espresso, ha il merito di offrire una bevanda di qualità ai sempre più numerosi appassionati. Per la prima volta, la bevanda viene prodotta grazie all’uso del vapore: l’estrazione avviene non più per percolazione o per infusione, ma ancora in grandi quantità, raccolte in un apposito contenitore, di cui la macchina è dotata. Il caffè non risulta ancora preparato “tazza per tazza”, bensì “istantaneamente”. Due di queste macchine, brevettate, ma mai commercializzate, facevano bella mostra di sé nel Gran Caffè Ligure della famiglia Moriondo per il servizio pubblico di caffè istantaneo, come definito da Moriondo stesso. Caffè “istantaneo”, dunque, non ancora “espresso”: vedremo fra poco cosa si intende esattamente in quell’epoca per caffè espresso. Per farlo, guardate la macchina Ideale alla vostra destra. Nel 1901, il milanese Luigi Bezzera inventa il gruppo erogatore singolo presente in questa macchina. Guardate il portafiltro a uno o più beccucci e il sistema di aggancio al corpo centrale della macchina: erano già molto simili a quelli di oggi, non trovate? Il gruppo erogatore che produce il caffè “tazza per tazza”, di fatto, connota la nascita del caffè espresso, inteso come caffè realizzato appositamente, cioè al momento e in modo veloce, su espressa richiesta del cliente. Ma questo caffè, seppur “espresso” era molto diverso da quello al quale siamo abituati oggi: era prodotto col vapore, per cui piuttosto bruciato, bollente e nero, senza crema, caratteristica che arriverà oltre quattro decenni dopo. L’invenzione del gruppo erogatore, applicata alle macchine prodotte dal milanese Desiderio Pavoni, viene esposta per la prima volta alla Esposizione Internazionale di Milano del 1906 nello stand di Luigi Bezzera e, da quel momento, il settore decolla.
Il gruppo storico
Questa sezione si sofferma sul gruppo storico di inizio Novecento e sulla figura di Giuseppe Cìmbali
Ora, voltatevi. Guardate la grande foto sul pannello divisorio marrone: sono ritratti gli operai di un’officina in cui è presente la figura dalla quale parte la storia dell’impresa. Un giovane Giuseppe Cìmbali, ritratto in piedi a sinistra con le braccia conserte con lo sguardo diretto e fiero verso di noi, in quegli anni è già pioniere fra i pionieri. Infatti, questa foto è un documento storico con una didascalia che ci racconta una storia: nel 1906, Giuseppe Cìmbali era già attivo nel settore proprio nella realizzazione di quelle macchine che, per la prima volta, sarebbero state presentate, da lì a poco, al mondo. Inizia qui la sua storia: da un apprendistato in un settore che lo vedrà diventare orgoglioso protagonista negli anni successivi, a partire dal 1912, quando fonda la sua prima piccola officina in via Caminadella, in centro a Milano, per la produzione di caldaie per le macchine per caffè prodotte da altri. Invece, nella foto centrale nella parete divisoria della sala, a sinistra, potete vedere la fotografia dello stand Bezzera e scoprire, nel dettaglio, proprio il signor Luigi in primo piano, appoggiato al bancone, vicino ad un cartello che sancisce la sua collaborazione con Pavoni. Le foto a tutta parete, ci mostrano invece un’immagine della Esposizione Internazionale con mongolfiere pronte al volo, la Galleria Vittorio Emanuele con i suoi locali storici e una delle prime auto che cominciavano a viaggiare in città, restituendoci un’epoca di grande fermento ed eleganza.
Lavoro, stile e marchi
Questa sezione ingloba varie tematiche che spaziano dal lavoro, allo stile-qualità e ai marchi.
IL MACCHINISTA O FUOCHISTA Le macchine di questo periodo, a colonna e alimentate a gas, elettricità o carbone, venivano manovrate da macchinisti dotati di patentino per tenerne sotto controllo vapore e pressione ed evitare che esplodessero. LO STILE DELL’EPOCA Erogatrici di un caffè scuro, bollente e privo di crema, molto lontano dall’espresso comunemente noto oggi, le macchine riflettono anche esteticamente lo stile di un’epoca, legando d’ora in avanti, indissolubilmente, stile e design industriale in un linguaggio armonico. Lo stile liberty o art nouveau, con linee curve e sinuose, smalti, decorazioni esotiche a tema vegetale, ispirate alla semisconosciuta pianta del caffè, connota le macchine degli albori fino al periodo razionalista. Da qui in avanti e per decenni, le macchine sono protagoniste indiscusse sui lussuosi banconi dei caffè. Qui ne potete vedere uno originale del 1929, e degli american bar dell’epoca. Le macchine riflettono lo stile di dell’epoca, come un prodotto dell’ingegno italiano che ben presto travalica i confini nazionali, ancora una volta in particolare grazie a un torinese, Pier Teresio Arduino che, negli anni ’20, con le sue macchine dà avvio all’esportazione del “made in Italy” di settore. I MARCHI Le macchine si diffondono e, con loro, la parola “espresso” diventa presto sinonimo di caffè italiano, gustoso e forte: Bezzera, La Pavoni, Eterna, Victoria Arduino, Condor, La San Marco sono alcuni dei marchi che presto prendono piede. E nell’ambito della materia prima? Nei porti di Venezia, Genova, Trieste e Napoli i chicchi continuano a giungere come nel passato dai paesi d’origine, e si sviluppano le prime torrefazioni nate pochi decenni prima. Dalla fine dell’Ottocento, infatti, queste iniziano a organizzarsi in realtà destinate a diventare internazionali, come Vergnano (1882) o Lavazza (1895). Grazie a loro il Piemonte diventa la culla della torrefazione industriale italiana, destinata a svilupparsi anche nei pressi di altri porti come Trieste (Hausbrandt nel 1892 e Illy successivamente nel 1933), fino a contare oggi in Italia circa ottocento da micro a grandi aziende che trasformano il caffè crudo in tostato, rendendo il nostro paese il luogo da cui si esporta caffè torrefatto in tutto il mondo. Ora passate alla prossima sala...
Sala 2: 1929-1947
Questa sala è dedicata al primo dopoguerra e al regime autarchico-razionalismo.
Come potete vedere, questa sala si distingue nettamente dalla precedente per lo stile delle macchine che risente della corrente razionalista dell’epoca. Dopo la Prima guerra mondiale e il crollo di Wall Street del 1929, i paesi occidentali risentono di gravi problemi in ogni aspetto della vita economica, produttiva e sociale, con gravi conseguenze. Con la crisi finanziaria americana si riducono drasticamente su scala mondiale tutti gli indicatori economici che misurano lo stato di benessere e di progresso dell’economia degli stati. Ogni stato cerca in modo autonomo di arginare la crisi con il protezionismo economico. Per salvaguardare le produzioni interne vengono avviate le prime produzioni autarchiche, realizzate esclusivamente con materie prime locali. È un periodo difficile, complesso, di forzato immobilismo che porta anche l’Italia a sprofondare in un regime che prevede piani di intervento statale, guerre coloniali e autarchia. In questo contesto, l’intera industria italiana, a eccezione di quella bellica, subisce una battuta d’arresto. Ma il mondo della macchina per caffè, nella sua nicchia costituita dai pochi consumatori che potevano ambire a questo lusso, continua il suo percorso sotto le spinte di un interessante paradosso. Se infatti a livello nazionale i consumi diminuiscono, in corrispondenza delle grandi realtà urbane si rilevano dei veri e propri picchi di consumo, dettati dalla concentrazione di avventori benestanti che non vogliono rinunciare a un vero espresso. Così i locali pubblici crescono e diventano luoghi d’incontro e di cultura. Il settore delle macchine per caffè conosce una battuta d’arresto tecnologico (funzionano ancora a vapore), ma ci si continua a ritrovare attorno al rito della tazzina di espresso preparata al bancone e servita al tavolo. Soffermiamoci ora su alcune macchine. La prima da considerare è anche la prima prodotta da La Cìmbali. Giuseppe Cìmbali in questo periodo introduce sul mercato la sua prima macchina per caffè, La Rapida a sviluppo verticale. La trovate all’inizio della sala accanto ad un poster pubblicitario delle varianti di modello realizzate. Nei primi anni Quaranta, sebbene la tecnologia rimanga invariata, inizia a cambiare qualcosa nelle forme: le macchine da verticali cominciano a diventare orizzontali e le prestazioni migliorano: con i gruppi erogatori posizionati tutti sullo stesso lato un solo operatore può gestire, stando “comodamente” nella stessa posizione, l’erogazione di più caffè, diventando così più veloce ed efficiente. Compare anche un altro accessorio prima impossibile da avere nelle macchine verticali, spesso dotate addirittura di cupole: lo scaldatazze, che attesta la crescente cura per tutte le fasi della preparazione dell’espresso. Lo spazio, solitamente ricavato sopra o a fianco della caldaia collocata orizzontalmente, trova una sua funzionalità sfruttandone il calore: da allora l’espresso non potrà più prescindere da una tazzina ben calda. In questa sala, al centro potete vedere alcune macchine posizionate una dietro l’altra su una lunga fila di parallelepipedi di marmo bianco: se le guardate bene, sembrano costituire come una vera e propria locomotiva, dove la prima macchina davanti, La Cìmbali Ala, assomiglia molto, nei gruppi erogatori, alla postazione… di un tramviere di Milano! Mentre se osservate l’ultima della fila, una imponente San Marco 900, scoprirete un piccolo fornelletto dove venivano posizionati i pezzi di carbone per alimentare la macchina, proprio come per le caldaie dei treni a vapore! Si tratta di una macchina ibrida del periodo autarchico, che può funzionare anche a gas e a elettricità, creata per sopperire alla difficoltà di accesso alle fonti energetiche e al contingentamento delle materie prime. È il periodo in cui le classi più abbienti si permettono il consumo del caffè “vero” (merce sempre più rara) nei locali, mentre quelle più popolari devono accontentarsi dei succedanei o surrogati della ben più preziosa materia prima, con “espressi” a base di cicoria, orzo, segale, ghiande, fichi. Chi può paga un prezzo più alto per non rinunciare a un piacere che sta diventando sempre di più un vero e proprio rito quotidiano. Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale molte industrie si convertono alla produzione per le attività belliche e gran parte dell’inventiva italica inevitabilmente si blocca, accantonando soluzioni t ecnologiche nuove che devono attendere tempi migliori. Una di queste riguarderà in modo rivoluzionario la macchina per caffè, ma dovrà passare quasi un decennio prima di essere realizzata. Ma ne parliamo nella prossima sala. Prima però, in questa sala, soffermatevi ancora prima sulla parete di destra dove potete vedere una selezione di portafiltri dalle origini ad oggi (trovate le differenze!) e sull’ultima macchina della sala: la D.P. 47 disegnata da Gio Ponti per la Pavoni. Di questa macchina ne esistono solo due al mondo: uno è di proprietà di un collezionista privato mentre questo esposto al Mumac è l’unico sempre visibile al pubblico. Si tratta di uno dei primi modelli a sviluppo orizzontale. È conosciuta come “la Cornuta” per la particolare forma degli erogatori posti sopra il corpo centrale cilindrico. Si tratta di un vero capolavoro di design: perfetto connubio tra forme scultoree e innovazione tecnologica, è uno dei pezzi più preziosi per i collezionisti del settore, considerato ancora oggi la più bella macchina per il caffè al mondo. È stata trovata fortuitamente in un hotel abbandonato del litorale romano e dopo un lungo restauro effettuato dalle Officine Maltoni, ed è oggi una delle macchine più richieste per prestiti nazionali e internazionali (è stata al Museé des Art Decoratifs del Louvre a Parigi, in Triennale a Milano, al Deutsches Museum di Monaco). Nonostante la bellezza ineguagliabile, la Cornuta nasce però con la tecnologia a vapore in un momento di transizione verso un nuovo metodo d’estrazione che ben presto soppianterà tutti gli altri: la leva.
La crema caffè
Questa sezione si sofferma sulla prima apparizione della crema caffè.
Per scoprire la nuova tecnologia, potete passare alla terza sala. Subito entrando potete vedere sull’espositore a sinistra un pistone sezionato vicino ad una macchina per caffè orizzontale con due caldaie. Si tratta della nuova rivoluzione tecnologica con cui finalmente si arriva al caffè espresso come lo conosciamo oggi: con la “crema”. È la macchina Gaggia Classica dotata del meccanismo “a leva”, di cui già nel 1936, Rosetta Scorza vedova Cremonese aveva depositato un brevetto dal titolo «Rubinetto a stantuffo per macchina da caffè espresso». Achille Gaggia, semisconosciuto barista milanese, acquisisce l’invenzione, sperimentandola all’interno del suo Bar Achille, e in seguito sviluppa un suo brevetto, esponendo per la prima volta alla fiera Campionaria di Milano del 1939, il gruppo erogatore della crema caffè (pubblicizzato come sistema «Lampo, l’unico compressore per caffè che funziona senza vapore»); ma a causa della guerra tutto si interrompe. Al termine del conflitto, però, si assiste a un momento unico della storia d’Italia di ripresa economica e sociale tesa all’innovazione.
Sala anni 50
Questa sezione si sofferma sulle innovazioni tecnologiche successive al secondo conflitto mondiale.
Il bar diventa luogo di aggregazione e condivisione, non più destinato a un’élite ma ritrovo ideale per tutti, consacrando il caffè al bar come rito sociale che travalica le distinzioni di classe. Sull’onda del benessere e della spensieratezza che attraversano l’Italia dopo gli anni bui della guerra, i bar diventano luoghi sempre più affollati e vissuti. Ci si ritrova anche per guardare la televisione, strumento di aggregazione e cambiamento sociale, e che è ancora rara nelle case degli italiani. Oppure si sfrutta il momento del caffè per sfogliare il giornale, per discutere di sport e di politica, per trascorrere il tempo in compagnia, per dare insomma concretezza a quel concetto di “tempo libero” che solo qualche anno prima era del tutto ignoto alla maggior parte della popolazione. La vera rivoluzione nelle macchine per caffè espresso, infatti, è l’invenzione della leva. Nel 1948, viene finalmente messo in produzione, da Achille Gaggia, il modello Classica Gaggia. Per la produzione della Classica, Gaggia si rivolge alle officine FAEMA di Carlo Ernesto Valente, che aveva aperto qualche anno prima la sua Fabbrica Apparecchiature Elettro Meccaniche e Affini. La macchina, dotata di due caldaie, consente, grazie alla leva, di disporre di un’alta pressione e di acqua alla temperatura inferiore ai cento gradi, senza generazione di vapore. Il risultato è straordinario: la bevanda viene ora erogata in poco più di trenta secondi, tutti i sentori di bruciato causati dall’uso del vapore sono scomparsi e per la prima volta viene prodotta la crema caffè, d’ora in poi inscindibile dal concetto di espresso consumato al bar. Se, per l’odierno consumatore di caffè, crema ed espresso sono un concetto unico, all’epoca questa fu una novità di portata considerevole, tanto che sulle macchine campeggiava la scritta «Crema caffè naturale funziona senza vapore» per invitare i clienti ad assaggiarla. La corsa di tutte le aziende del settore alla realizzazione di nuove macchine adatte all’estrazione di un caffè crema espresso porta prima FAEMA, con la sua Saturno, e poi La Cìmbali, con la Gioiello, a estrarre, tramite leva e senza vapore, gli oli essenziali del caffè che con i loro aromi conferiscono pienezza al gusto della bevanda e con la loro emulsione originano la crema tipica dell’espresso. La nuova tecnologia eleva l’espresso a cult e trasforma la figura del “macchinista”, colui che prima azionava la macchina da caffè grazie al suo patentino da fuochista, in “banconista”, cioè esperto utilizzatore della macchina a leva, allora posizionata, appunto, sul bancone, di fronte al cliente. L’espresso assume nomi nuovi, in funzione della azienda che produce le macchine. Le scritte sui frontalini delle macchine si differenziano per marca, come potete ben vedere in questa sala. Sulla Gaggia, la scritta Crema caffè naturale. Sulla imponente macchina esposta accanto, la Faema Saturno, la prima macchina a leva prodotta da Valente dopo la separazione da Gaggia e pezzo unico al mondo, è indicato “Infuso Idrocompresso di Caffè”. Ma su tutti, in questi anni, si impone un nuovo termine che identificherà ben presto l’espresso italiano nel mondo: Cìmbalino. Il termine viene coniato con il lancio della prima macchina a leva della Cìmbali, la Gioiello, presentata dentro a uno scrigno proprio come un gioiello alla Fiera di Milano del 1950. Anche La Cìmbali Gioiello è esposta qui, un poco più avanti sul bancone bianco: vicino alla macchina trovate anche la tipica pubblicità dell’epoca per il Cìmbalino e, dietro, una accuratissima riproduzione in miniatura della macchina. Se continuate a seguire il lungo espositore bianco, potete trovare una delle più grandi macchine prodotte, La Cìmbali Granluce del 1956, ma anche tanti altri modelli interessanti e degni di nota come La San Marco Lollobrigida, La Pavoni Concorso disegnata da Bruno Munari e Enzo Mari ribattezzata Diamante per la caratteristica forma, La Cambi Olimpia dedicata alle Olimpiadi Invernali di Cortina del 1956 e tante altre. Ma qui, al centro della sala, è presente anche un bancone d’epoca a marchio Faema dove, se vi fa piacere, potete scattare una fotografia dietro il bancone proprio come un “banconista” dell’epoca.
Sala anni 60-70
Questa sala è dedicata al boom degli anni 60-70 e all'importanza che il design ricoprì in quel periodo.
Proseguendo nella sala successiva ci troviamo nella Sala dedicata agli anni ’60 e ’70 e al boom del design. Dalle due ruote alle auto sportive, dalla povertà alla ricchezza, dagli abiti rammendati ai vestiti alla moda; sono gli anni del boom economico e del benessere diffuso. Anni in cui, dai trionfi di Coppi e Bartali dei decenni precedenti, eroi di un paese povero e rurale e di una nazione ancora da inventare, si passa a Merckx, il primo ciclista moderno. Del campione (e della maglia FAEMA da lui indossata) si parla nei bar, dove ci si ritrova per discutere le notizie riportate dalla «Gazzetta» e dalla radio, poi dalla tv. Caffè e ciclismo, un inscindibile connubio che perdura anche oggi. In questa sala potete trovare alcuni cimeli del periodo più glorioso della storia ciclistica della squadra Faema, team che ha vinto nel suo periodo d’oro, tutto quanto ci potesse essere da vincere. In questi anni, comincia la vera e propria industrializzazione del settore delle macchine per caffè, che diventano standardizzate e facilmente assemblabili in linea di montaggio. La produzione passa da artigianale a industriale. Il decennio si apre con una novità introdotta da FAEMA con il lancio di una macchina per caffè veramente innovativa, che trovate entrando nella sala a sinistra. Il modello Tartaruga (TRR), la cosiddetta «macchina a erogazione continua» del 1960, che, l’anno seguente, si evolve nel modello E61 (nome dato in occasione dell’eclissi di sole avvenuta quell’anno in Italia). La macchina, che potete vedere in due versioni a due e a quattro gruppi con il suo frontalino riconoscibile e distintivo, è diventata un’icona nel mondo dei bar per estetica e qualità del caffè erogato. È ancora richiesta e prodotta oggi, anche perché l’invenzione della elettropompa volumetrica, oltre a influire positivamente sull’estrazione della bevanda con la crema, consente all’operatore un notevole risparmio di fatica. Tutto il pesante e pericoloso lavoro richiesto fino ad allora dalle manovre su pistone e leva viene sostituito dal semplice utilizzo di una levetta che alleggerisce e semplifica il lavoro del o della barista. Di fronte alla e61, potete invece vedere un’altra macchina degna di nota; La Cìmbali Pitagora, disegnata nel 1962, dai fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni, architetti e designer, che vengono insigniti, per questo progetto del Compasso d’Oro: per la prima e unica volta nella storia, una macchina per caffè espresso professionale si aggiudica il prestigioso riconoscimento. Nella teca a inizio corridoio avete la possibilità di vedere il Premio e alcuni documenti legati alla premiazione, fra cui, la motivazione della giuria. Per la produzione di Pitagora e per sopperire alle esigenze di uno spazio più ampio e adatto alla produzione in serie, La Cìmbali si trasferisce in quegli anni da Milano a Binasco. Ma gli anni a seguire sono anni difficili, passati alla storia come gli Anni di Piombo. Il grigiore del decennio paradossalmente è compensato dalle nuove forme, materiali e colori che si impongono anche nelle macchine per caffè. L’influenza americana ancora una volta si fa sentire, in un periodo in cui a livello sociale – tra rivoluzioni giovanile, femminile e operaia – i cambiamenti sono epocali, mentre a livello politico ed economico si deve far fronte alla prima grande crisi del dopoguerra. Nell’ambito il design la cultura pop si impone, introducendo in tutti i settori colori sgargianti tesi a esprimere una dirompente affermazione di sé. L’ultima, grande rivoluzione che investe il settore delle macchine per caffè è quella meno ricercata, se vogliamo, ma senz’altro di maggiore impatto sui consumatori: un nuovo punto di vista, un cambio di relazione. Il lavoro e la società impongono ritmi sempre più frenetici, il caffè si consuma al volo e si favorisce una maggiore produttività del bancone, con più spazio per servire i clienti. Le macchine così vengono confinate nello spazio del retro-banco, costringendo il barista a dare le spalle al cliente nella preparazione. Perde spessore la relazione, facilitatrice nei decenni precedenti di un consumo lento e “sociale”, garanzia di una qualità di scambio barista/avventore ben più significativa del semplice servizio. È solo uno spostamento di qualche metro, che imprime però una svolta epocale: l’estetica cambia totalmente, la ricerca si concentra sui gruppi di erogazione, i volumi si ridimensionano e tendono alla compattezza. Esposta, qui, quasi in fondo alla sala una macchina rossa attira l’attenzione: La Cìmbali M15, disegnata da Rodolfo Bonetto, anticipa questa tendenza. È il primo modello che assume una forma dei fianchi a “C” per consentire di compattare i volumi pur garantendo più spazio di manovra laterale al barista.
Sala anni 80-90
Questa sala si sofferma sul periodo compreso tra gli anni 80 e 90, preludio di una internazionalizzazione e che ancora oggi continua.
Gli anni Ottanta segnano un cambio di passo. Dopo il clima arroventato e pesante degli anni Settanta a livello politico e sociale e un sistema economico che rischia di affossare il Paese, numerosi fattori contribuiscono alla sua ripresa: la flessione dei prezzi del petrolio, il ribasso del dollaro, il contenimento dei costi della manodopera, gli interventi pubblici di sostegno alle imprese, le innovazioni tecnologiche di processo e prodotto. Non solo le imprese private ma anche quelle pubbliche vedono risanare la loro situazione, tanto che nel 1986 l’Italia supera la Gran Bretagna sia in termini di prodotto interno lordo che pro capite. L’Italia “guidata” dai giovani indossa un abito più colorato, più internazionale, emulando gli inglesi e gli americani ma con uno stile ben definito. Moda e design trainano l’economia e il made in Italy si afferma in un mondo che sta diventando sempre più globalizzato. Anche i produttori di macchine per caffè si affacciano sui mercati internazionali, ottenendo un successo pressoché immediato. È il periodo in cui l’industria elettronica italiana, insieme a quella dei primi computer, conquista i mercati. Lo stesso avviene nel settore delle macchine per caffè professionali, con un’eleganza, una personalità e uno stile unico, grazie alle creazioni dei maggiori designer internazionali. L’Italia, già eccelsa nella moda, nel design e ambitissima come meta turistica, diventa sempre più rappresentativa come espressione di stile e bien vivre, dove il rito del caffè da bar e del cappuccino acquistano popolarità anche all’estero. Le macchine per caffè non perdono l’occasione di imporsi come simbolo della cultura dell’espresso e perfetta concretizzazione del celebrato design italiano, apparendo nei locali di tutto il mondo: l’elettronica porta a una semplificazione di uso unita a cura ed eccellenza prima inarrivabili. Con FAEMA Tronic disegnata nel 1983 da Ettore Sottsass e Aldo Cibic nasce la prima macchina elettronica che, con la sua pulsantiera, consente di dosare la quantità di caffè erogato. L’apertura verso mercati in cui la specializzazione del personale non è paragonabile a quella italiana e l’automatismo è più diffuso, accelera lo sviluppo delle macchine “superautomatiche” ad automatismo integrale, in grado di erogare un intero menu di bevande a base di caffè e latte fresco semplicemente premendo un tasto: l’utilizzatore diretto può garantire un prodotto di qualità costante e, così, in ogni angolo della Terra si può gustare l’espresso “come si fa in Italia”. Questa apertura a nuove culture e abitudini di consumo diverse dal gusto italiano porta le aziende a progettare macchine per caffè espresso flessibili, adattabili alle necessità locali. È questo il periodo in cui nascono molte innovazioni tecnologiche atte a perfezionare sempre più le macchine per renderle di facile utilizzo, razionalizzando anche lo spazio a disposizione. In questa sala si mescolano elettronica, gioco, colori, accessori, immagini e macchine che hanno rappresentato un’epoca che travalica gli anni ’80 fino ai ’90. A inizio anni Novanta l’Italia si trova al quinto posto fra le potenze industriali, con la sempre più diffusa richiesta di conciliare i principi fondamentali dell’attività economica (competitività, produttività ed efficienza) con più ampi interessi, tra cui garantire la qualità del lavoro, accedere a nuovi processi formativi, tutelare la salute e l’ambiente. Nell’ambito delle macchine per caffè ciò significa migliorare l’efficienza energetica, ottimizzare l’uso, migliorare l’ergonomia, privilegiare nuovi materiali con minor impatto ambientale, prestare attenzione alla sicurezza e alla salute di utilizzatori e consumatori, garantire parametri qualitativi di processo produttivo e di prestazioni sempre più innovativi e sfidanti. Nel 1991 l’ufficio tecnico FAEMA, in collaborazione per la parte estetica con Giugiaro Design, elabora un prodotto evoluto nel settore delle macchine tradizionali: la E91. Potete ammirarne il design che si ispira alle linee armoniose dello storico modello E61, così da identificare identificando un elemento di continuità con la tradizione dell’azienda. La E91 è dotata di una tecnologia di ultima generazione per il periodo perché equipaggiata con un microprocessore dalle prestazioni migliorate, che permette di programmare le funzioni tese a ottimizzarne la facilità d’uso e la resa produttiva. In parallelo, nelle macchine tradizionali, emerge la necessità di ridurre le operazioni di sgancio e aggancio del portafiltro, rendendo i prodotti sempre più facili da usare per il o la barista. La Cìmbali lancia così sul mercato, all’inizio degli anni Novanta, la superautomatica M50 Dolcevita, qui esposta, cui è possibile affiancare un modulo frigo per la corretta conservazione del latte, equipaggiando anche lo scaldatazze con uno sterilizzatore a lampada UV a garanzia di un’igiene ottimale. L’avvento dell’elettronica, dunque, è sempre più determinante nello sviluppo della macchina per caffè espresso, perché consente di tenere sotto controllo numerosi parametri, migliorare le prestazioni e aprirsi, nei successivi decenni, a diverse possibilità evolutive. In Italia, intanto, dopo lo scandalo Mani Pulite, avviene la transizione tra la Prima e la Seconda Repubblica.
La crescita di Cimbali nel mondo
Omen-nomen, l’espresso italiano si trasforma da nord a sud in Cimbalino: “Crema-caffè intera: un caffè aromatico, stimolante, cremoso e ben caldo, cioè il caffè perfettamente riuscito”, come recita un folder pubblicitario dell’epoca. L’idea del nome nasce dalla creatività dei fratelli Cimbali della seconda generazione: un Cimbalino, diventa sinonimo di un buon caffè italiano e il modo per chiedere il caffè espresso al bar - un caffè caldo, intenso, rotondo, cremoso, con una tonalità e una tigratura dalla tessitura fine, che non lascia intravedere il nero liquido sottostante- che in alcuni paesi nel mondo rimane inalterato fino ad oggi. Le invenzioni corrono con la piena ripresa economica: se fino a pochi anni prima Vespa e Lambretta erano gli unici mezzi alla portata di tutti, a metà degli anni Cinquanta le auto che circolano nel Paese crescono a oltre un milione, tanto che i giornali, per la prima volta, parlano di problemi di traffico. Quintuplica la produzione di automobili e anche le macchine per caffè, che ai tempi dell’Ideale venivano prodotte in numero esiguo (una al giorno) e alla fine degli anni Cinquanta raggiungono il considerevole numero di cinquanta al giorno per diffondersi da Nord a Sud, in Italia e nel mondo intero.
Omen-nomen, l’espresso italiano si trasforma da nord a sud in Cimbalino: “Crema-caffè intera: un caffè aromatico, stimolante, cremoso e ben caldo, cioè il caffè perfettamente riuscito”, come recita un folder pubblicitario dell’epoca. L’idea del nome nasce dalla creatività dei fratelli Cimbali della seconda generazione: un Cimbalino, diventa sinonimo di un buon caffè italiano e il modo per chiedere il caffè espresso al bar - un caffè caldo, intenso, rotondo, cremoso, con una tonalità e una tigratura dalla tessitura fine, che non lascia intravedere il nero liquido sottostante- che in alcuni paesi nel mondo rimane inalterato fino ad oggi. Le invenzioni corrono con la piena ripresa economica: se fino a pochi anni prima Vespa e Lambretta erano gli unici mezzi alla portata di tutti, a metà degli anni Cinquanta le auto che circolano nel Paese crescono a oltre un milione, tanto che i giornali, per la prima volta, parlano di problemi di traffico. Quintuplica la produzione di automobili e anche le macchine per caffè, che ai tempi dell’Ideale venivano prodotte in numero esiguo (una al giorno) e alla fine degli anni Cinquanta raggiungono il considerevole numero di cinquanta al giorno per diffondersi da Nord a Sud, in Italia e nel mondo intero.
Il nuovo millennio
Questa sezione si concentra sul nuovo millennio, dominato dalla ricerca della flessibilità e della responsabilità.
Passando nella sesta sala si passa temporalmente nel nostro millennio, dove le parole d’ordine diventano flessibilità e responsabilità. Sulle pareti della sala, le grandi fotografie ci riportano a ripercorrere gli ultimi due decenni della contemporaneità, alla nascita dell’euro, alla consapevolezza della necessità di sostenibilità, alle grandi innovazioni tecnologiche, come il telescopio spaziale James Webb. La diffusione del consumo di caffè a livello mondiale e i cambiamenti nelle dinamiche sociali, influiscono sulle modalità di consumo della bevanda sociale per eccellenza. L’avvento del nuovo millennio, tinto da grandi aspettative e da grandi preoccupazioni, ha cambiato drasticamente la visione e l’assetto mondiale: dalle Torri Gemelle alle crisi economiche, per giungere fino all’emergenza del cambiamento climatico e della pandemia, il passo è stato tanto breve quanto significativo. La tecnologia, con velocità esponenziale, è andata in parte a erodere cultura e rapporti interpersonali, ma non certo il piacere della tazzina di caffè. I bar non sono più l’unico e indiscusso luogo di aggregazione: un buon caffè o un cappuccino si consumano anche nella sala d’attesa di una stazione o di un aeroporto, in una libreria o in una boutique, ovunque nel mondo. I primi anni del nuovo millennio vedono nelle architetture e negli ambienti comuni un ritorno al minimalismo. Minimalismo che è declinato anche nel mondo delle macchine per caffè: linee pulite, eleganti ed essenziali, materiali quasi satinati e d’impatto caratterizzano il design del primo decennio del Duemila, rivolto a una società sempre più veloce ed esigente. Comincia anche a registrarsi una sempre maggiore attenzione per la cultura del caffè e per la qualità del prodotto, tendenza che porta alla nascita di una vera community di appassionati, barman professionisti e specialisti del caffè. Contemporaneamente le macchine professionali diventano sempre più flessibili e tecnologicamente avanzate, con interfacce utenti estremamente semplici, anche touch, che coniugano il risparmio di energia con elevate prestazioni, attestando una crescente consapevolezza dell’ambiente come luogo non solo da vivere ma anche da tutelare. Proprio per veicolare la conoscenza e la cultura del caffè e delle macchine che lo erogano, nel 2012 Gruppo Cìmbali inaugura il MUMAC, unendo gli archivi della famiglia Cìmbali e del maggior collezionista privato al mondo, Enrico Maltoni, raccogliendo oggetti che da oltre un secolo contraddistinguono la nostra quotidianità e documenti che contribuiscono a ricostruire la storia di un intero settore del made in Italy. Se nei decenni passati è stato semplice individuare un mainstream, oggi questo non risulta possibile. La società in cui viviamo e operiamo è caratterizzata al contempo da fluidità e complessità, caratteristiche che vengono declinate, in chiave estetica, nella sintesi tra le tesi postmoderniste e le antitesi decostruzioniste. Gruppo Cìmbali ha portato sul mercato macchine il cui design è un gioco di citazioni, come nel caso della Cìmbali M100, sintesi della concezione di design industriale di Valerio Cometti di V12 Design che si impone nel nuovo millennio, con linee sobrie di eleganza e funzionalità che celano tecnologie di altissimo livello, oppure tributi, alla capacità di osare nelle forme come in Faema Emblema di Giugiaro. Osare nelle forme e osare nella tecnologia, che diventa preziosa alleata per rendere la macchina sempre più “flessibile” e adatta soddisfare ogni esigenza: dai coffee specialist (i sommelier del caffè), ai baristi tradizionali, fino, naturalmente, ai consumatori finali. Il caffè espresso al servizio del cliente resta, dopo più di cent’anni, prioritario. Oggi questo significa innovare per migliorare le prestazioni e la possibilità di personalizzazione, grazie anche all’intelligenza artificiale, che favorisce la customizzazione delle funzioni ottenendo al contempo informazioni per ottimizzare settaggi e manutenzione e per consentire l’assistenza tecnica da remoto. Le macchine di oggi sono super tecnologiche sia nella loro espressione tradizionale (come M100 Attiva e FAEMA E71E, riconosciuta degna di entrare nell’Index ADI 2019 e vincitrice del Red Dot Design award 2019), sia in quella superautomatica (come la premiata per il design La Cìmbali S30 con il Red Dot Design Award nel 2016 o la S15 smart nell’uso e nella tecnologia) che potrete vedere nella prossima sala. Sono gli anni dei grandi rebranding che, con citazioni del passato, si proiettano nel futuro. Anche i brand La Cìmbali e Faema sono soggetti a un rebranding che risponde all’esigenza di far fronte alle richieste di un consumatore sempre più attento e consapevole della necessità di coerenza fra brand, poupose e prodotto. Rebranding di cui nel 2021 LaCìmbali M200 e Faemina sono le prime rispettive rappresentanti a portare nel mondo i nuovi loghi. Le macchine di ultima generazione acquisiscono il senso dello stile unito a quello della funzionalità. E interagiscono. Fra di loro e con le persone, in una sinestesia di funzione ed estetica. La macchina per caffè si adegua sempre di più al rispetto degli standard di sostenibilità: risparmio energetico, monitoraggio dei consumi e materiali riciclabili diventano parole d’ordine di una nuova consapevolezza. Il presente ha sempre come protagonisti i clienti, ormai liberi di interagire persino con app per ottenere un caffè su misura, in totale autonomia. Attenzione ad ambiente, ergonomia, salute e sostenibilità a tutto tondo non sono più argomenti sui quali transigere. Nel nome della tecnologia il futuro è aperto. Un futuro dedicato al servizio e alla valorizzazione di una delle bevande più richieste al mondo. Costanti restano la voglia e il gusto di un caffè preparato a regola d’arte, pausa per antonomasia, dove ritrovarsi in un tempo che è solo nostro, nel cuore della propria casa come al bar. In ogni senso. Perché in fondo la domanda è una sola: prendiamo un caffè?
Lab: cultura, tecnologia e futuro in tazzina
Questa sezione si sofferma sul Lab quale area dove cultura e tecnologia mostrano il futuro del mondo del caffè.
Nell’ultima sala del museo, il Lab, memoria e futuro si mescolano nelle icone del tempo. Fra nuove e, allo stesso tempo, antiche galassie di conoscenze da esplorare, nel passato si cela il futuro. Innovare dalla tradizione significa rinnovare le idee, dare un nuovo senso alle pietre miliari della storia, delle invenzioni, degli usi e delle abitudini. Qui vi accolgono vere e proprie isole tematiche, portandovi in dimensioni passate, presenti e future che si mescolano tra loro per far comprendere le sfide affrontate nel tempo dall’azienda, tra spunti tecnologici, innovazioni, responsabilità sociale e culturale d’impresa e traguardi raggiunti. La rappresentazione dell’unione tra presente, passato, futuro è connotata dalle fotografie alle pareti alle pareti, provenienti dai telescopi Hubble e Webb che ci portano direttamente dentro ad un passato così remoto da non essere neppure immaginabile, attraverso una tecnologia così innovativa da sfiorare il futuro. Un nuovo spazio dedicato al legame infinito tra passato, presente e futuro attraverso sei isole tematiche che illustrano alcuni tra i temi più importanti per la nostra storia e la mission aziendale. Per scoprirle procedete girando subito a destra. La prima isola è quella dedicata a Faema E61: la storia e il mito. Dal 1961 la macchina più diffusa e longeva, qui nelle due versioni realizzate per il suo 60° anniversario, nel 2021, e nella versione dedicata al Giro d’Italia, di cui dal 2022 Faema ha ripreso ad essere sponsor e a cui è stata dedicata la mostra temporanea “Amore Infinito”. La seconda racconta la differenza tra macchine tradizionali e superautomatiche. La differenza c’è da oltre 50 anni. La Pitagora, che da 60 anni detiene l’imbattuto primato di macchina per caffè vincitrice del Compasso d’Oro, è una macchina “tradizionale”, dove l’operatore è chiamato a compiere tutte le operazioni per estrarre il caffè, dalla macinatura al servizio; la Superbar, nata qualche anno dopo e basata sul medesimo design, nel 1969 è fra le primissime macchine superautomatiche, quelle macchine dove la richiesta della bevanda avviene premendo semplicemente un tasto che da avvio a tutte le operazioni di preparazione. Nella terza isola sono esposti alcuni house organ aziendali del passato. Strumento di comunicazione e divulgazione, nascono per diffondere le informazioni dell’azienda nell’azienda. La Cìmbali realizza la Caffettiera a inizio anni ’60 e racconta la vita aziendale dentro e fuori l’impresa, Faema pubblica a fine decennio Caffè Club, una vera e propria rivista per tutti i locali dotate di macchine del proprio brand. Oggi la parola va ai social. E domani? In quella successiva vicino alla Cìmbali S15 è esposto il “naso elettronico”, oggetto che tra elettronica, ingegno e chimica, trasforma l’innovazione in strumento utile. L'innovativo software realizzato da Gruppo Cìmbali in collaborazione con una spin-off dell’Università di Brescia, nel 2021 vince il Premio Innovazione Smau. Per scoprire come funziona e a cosa serve è sufficiente inquadrare il QR Code che trovate sulla didascalia. Passate quindi all’isola dedicata a macine e macinadosatori. Quattro macinadosatori per due brand: La Cìmbali, dal Modello 4/A del 1962 all’odierno Elective; Faema, dall’FP del 1955 a Grounbraker di oggi. Dall’artigianalità alla produzione in serie con una tecnologia per macine sempre più precise. Fino ad arrivare alla macinatura integrata nelle macchine come nella superautomatica S30 qui esposta vincitrice del premio Red Hot Award (design Valerio Cometti). In quella successiva si parla di personalizzazione: la flessibilità e la possibilità di personalizzare le mascherine della nuova Faema President, così come quella di altre macchine, rendono le macchine sempre più inseribili in modo originale e personalizzato in ogni ambiente. Nel penultimo espositore avanza l’espresso per tutti con la sezione dedicata al domestico: ieri con Baby Faema, oggi con Faemina dotata di un gruppo professionale, il brand Faema porta al mercato domestico un prodotto di altissimo livello per un espresso come al bar. Nell’ultima isola, l’eccellenza del brand con il rebranding in una macchina. M200 del 2021 è la macchina ammiraglia La Cìmbali che racconta il nuovo posizionamento del brand e una nuova storia di innovazione e design. Un excursus nella trasformazione del marchio. Infine, varcando l’ultima soglia del museo ed entrando nel suo cuore rosso, heritage e futuro si incontrano in un’opera, una installazione sospesa tra tecnologia, arte e design: l’esploso de La Cìmbali M100, la macchina del Centenario. Qui potete davvero comprendere la complessità nascosta dietro quella che solo apparentemente è una semplice tazzina di caffè. Anima tecnologica, innovazione, design rivelano tutte le mani e le menti di una lunga e complessa filiera fatta di materia prima, brevetti, creatività e imprenditorialità.
MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Cimbali Group
Itinerario esteso
Lingua dell'itinerario:
Benvenuti al MUMAC!

Gli esterni
Sala Albori
Il gruppo storico
Lavoro, stile e marchi
Sala 2: 1929-1947
La crema caffè

Sala anni 50
Sala anni 60-70
Sala anni 80-90
La crescita di Cimbali nel mondo
Il nuovo millennio

Lab: cultura, tecnologia e futuro in tazzina
Itinerario esteso
MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Cimbali Group
Questo itinerario ti consentirà di scoprire il MUMAC nei dettagli, approfondendo numerose tematiche e peculiarità uniche al mondo.
Lingua dell'itinerario:
Percorso di visita
Benvenuti al MUMAC!

Gli esterni
Sala Albori
Il gruppo storico
Lavoro, stile e marchi
Sala 2: 1929-1947
La crema caffè

Sala anni 50
Sala anni 60-70
Sala anni 80-90
La crescita di Cimbali nel mondo
Il nuovo millennio

Lab: cultura, tecnologia e futuro in tazzina
MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Cimbali Group
Itinerario esteso
Lingua dell'itinerario:
Benvenuti al MUMAC!

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Il gruppo storico
Lavoro, stile e marchi
Sala 2: 1929-1947
La crema caffè

Sala anni 50
Sala anni 60-70
Sala anni 80-90
La crescita di Cimbali nel mondo
Il nuovo millennio

Lab: cultura, tecnologia e futuro in tazzina