Design: un viaggio nei particolari
Questo itinerario illustra il design iconico del patrimonio del MUMAC, soffermandosi sui dettagli delle macchine del caffè e non solo
Museo: MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Cimbali Group
Benvenuti
Benvenuti al MUMAC per questa visita speciale! Oggi potete infatti visitare il Museo della Macchina per Caffè di Cìmbali Group in occasione del workshop organizzato con il Politecnico di Milano per il corso di “Storia del design”. Probabilmente avrete ascoltato o ascolterete una breve introduzione al museo da parte di Barbara Foglia, MUMAC Director, e di Anna Cento, MUMAC curator. Per questo motivo, usufruire di questa APP con la visita a voi dedicata, vi consentirà di entrare direttamente nel mondo e nella storia delle macchine per caffè espresso professionali in un percorso che verterà principalmente sull’importanza del design per questo comparto del made in Italy, consentendovi, dal momento in cui varcherete la soglia della prima sala del museo, di immergervi direttamente in un viaggio nel tempo: buona visita! Il museo è nato nel 2012, ed è stato realizzato in occasione del centenario della fondazione dell’impresa, avvenuta nel 1912 da parte di Giuseppe Cìmbali a Milano. SI tratta della più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine professionali per il caffè espresso: un luogo inaspettato, appassionante e unico.
Benvenuti al MUMAC per questa visita speciale! Oggi potete infatti visitare il Museo della Macchina per Caffè di Cìmbali Group in occasione del workshop organizzato con il Politecnico di Milano per il corso di “Storia del design”. Probabilmente avrete ascoltato o ascolterete una breve introduzione al museo da parte di Barbara Foglia, MUMAC Director, e di Anna Cento, MUMAC curator. Per questo motivo, usufruire di questa APP con la visita a voi dedicata, vi consentirà di entrare direttamente nel mondo e nella storia delle macchine per caffè espresso professionali in un percorso che verterà principalmente sull’importanza del design per questo comparto del made in Italy, consentendovi, dal momento in cui varcherete la soglia della prima sala del museo, di immergervi direttamente in un viaggio nel tempo: buona visita! Il museo è nato nel 2012, ed è stato realizzato in occasione del centenario della fondazione dell’impresa, avvenuta nel 1912 da parte di Giuseppe Cìmbali a Milano. SI tratta della più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine professionali per il caffè espresso: un luogo inaspettato, appassionante e unico.
Sala 1
Eccoci nella prima Sala.
Eccoci nella prima Sala. Siamo in Italia fra la fine dell’800 e i primi due decenni del ‘900. Le foto alle pareti, il grande bancone, le macchine, le immagini pubblicitarie ci raccontano che siamo in un momento di grande fermento e innovazione. La rivoluzione industriale, la macchina a vapore, il treno accorciano le distanze verso le novità e il futuro. È in questo periodo di invenzioni e fermento che nasce il caffè espresso. Ma dove nasce? Molti pensano che nasca a Napoli e invece, se partiamo dal presupposto che il caffè espresso nasce dalle macchine che per prime lo producono, trova la sua origine fra Torino e Milano. In realtà, a Torino viene realizzata quella che potremmo definire l’antenata della macchina per caffè espresso. Si tratta infatti di una macchina per caffè “istantaneo” di cui, qui, abbiamo una riproduzione realizzata nelle Officine Maltoni sulla base del brevetto originale. È la macchina che trovate entrando a sinistra fedele riproduzione di quella brevettata e realizzata a Torino da Angelo Moriondo nel 1884. L’invenzione è ancora lontana dall’elaborazione delle prime macchine per espresso. Infatti, il caffè non risulta ancora preparato “tazza per tazza”, cioè “espresso”, ma viene estratto in quantità (cosa che si nota dai grandi contenitori laterali). Il merito di Moriondo rimane quello di produrre la bevanda per la prima volta grazie all’uso del vapore. Per arrivare all’“espresso” come caffè prodotto al momento, fresco e velocemente per il cliente bisogna aspettare un’altra macchina, quella che si trova alla vostra destra, la macchina Ideale della ditta Desiderio Pavoni, la prima vera macchina per caffè espresso. La sua nascita è in realtà connessa all’invenzione, nel 1901 da parte del milanese Luigi Bezzera del gruppo erogatore singolo presente sulla macchina. Guardate il portafiltro a uno o due beccucci e il sistema di aggancio al corpo centrale della macchina: erano già molto simili a quelli di oggi, non trovate? Ma questo caffè, seppur “espresso” era molto diverso da quello al quale siamo abituati oggi: estratto a vapore, risultava piuttosto bruciato, bollente e nero, senza crema. L’invenzione del gruppo erogatore, applicata alle macchine prodotte dal milanese Desiderio Pavoni, viene proposta al pubblico per la prima volta alla Esposizione Internazionale di Milano del 1906 nello stand di Luigi Bezzera e, da quel momento, il settore decolla. Ora, voltatevi. Guardate la grande foto sul pannello divisorio marrone: sono ritratti gli operai di un’officina in cui è presente la figura dalla quale parte invece la storia di Cìmbali Group. Un giovane Giuseppe Cìmbali, ritratto in piedi a sinistra con le braccia conserte con lo sguardo diretto e fiero verso di noi, in quegli anni è già pioniere fra i pionieri. Infatti, questa foto è un documento storico con una didascalia che ci racconta una storia: nel 1905, Giuseppe Cìmbali era già attivo nel settore, proprio nella realizzazione di quelle macchine che, per la prima volta, sarebbero state presentate, da lì a poco, al mondo. Inizia qui la sua storia: da un apprendistato in una piccola officina, al lavoro in un settore che lo vedrà diventare orgoglioso protagonista negli anni successivi. Infatti, nel 1912, fonda la sua prima bottega e officina in via Caminadella, in centro a Milano, per la produzione di caldaie per le macchine per caffè prodotte da altri e, successivamente, negli anni ’30, per la propria produzione di macchine. Ma ora parliamo di design! Come potete vedere fin d’ora, le macchine per caffè, come molti oggetti di uso diventati comuni, sono veri e propri oggetti di design che riflettono il tempo, l’epoca e anche gli usi e i costumi legati al consumo del caffè. Figlie del loro tempo, se analizzate da questo punto di vista sono davvero un riflesso della storia che raccontano e legano, d’ora in avanti, indissolubilmente, stile e design industriale in un linguaggio armonico. Le prime macchine per caffè che trovate in questa sala, sono a sviluppo verticale perché pensate come “pentole da mettere sul fuoco”: infatti, non era raro vederle alimentate da veri e propri bracieri che producevano il calore necessario a portare ad ebollizione l’acqua per generare il vapore necessario all’estrazione della bevanda. Dal punto di vista dello stile, siamo in piena Art Nouveau, detto in Italia anche Stile floreale o Stile Liberty, contraddistinto da linee ornamentali curve, sinuose e dinamiche che sono presenti anche nelle macchine per caffè, posizionate sui banconi, alcune volte con imponenti dimensioni, da dove dominavano il locale con le loro forme a colonna sormontate da cupole ornate di rame e bronzo. Le cupole potevano riportare decorazioni, ma anche il corpo stesso della macchina diventava oggetto da abbellire con smalti spesso dai colori sgargianti. Le decorazioni raffiguravano spesso il marchio dell’azienda produttrice oppure avevano un significato di divulgazione culturale riportando i chicchi del caffè o addirittura la pianta con foglie, fiori e frutti, origine di una materia prima esotica e sconosciuta ai più. Le decorazioni esotiche a tema vegetale, ispirate alla semisconosciuta pianta del caffè, diventano uno dei tratti peculiari delle macchine degli albori fino al periodo razionalista. Se guardate per esempio la placca applicata alla Pavoni Ideale di cui abbiamo parlato poco fa, il colore blu pavone appare ancora oggi estremamente sgargiante e attraente. Oppure, godetevi i particolari della macchina Super watt a marchio Eterna: davvero un perfetto esempio di stile Liberty, impreziosita da decorazioni in smalti pregiati che raffigurano le piante del caffè con foglie, fiori e drupe per far conoscere l’origine di un prodotto esotico! Da qui in avanti e per decenni, le macchine sono protagoniste indiscusse sui lussuosi banconi dei caffè. Qui ne potete vedere uno originale del 1929. Le macchine, abbiamo detto, riflettono lo stile dell’epoca, come un prodotto dell’ingegno italiano che ben presto travalica i confini nazionali. In particolare, si deve a un torinese, Pier Teresio Arduino, negli anni ’20, l’avvio all’esportazione del “made in Italy” di settore. Ora potete passare alla seconda sala.
Sala 2
La sala del primo dopoguerra si distingue nettamente dalla precedente per lo stile delle macchine che risente della corrente razionalista dell’epoca.
La sala del primo dopoguerra si distingue nettamente dalla precedente per lo stile delle macchine che risente della corrente razionalista dell’epoca. Dopo la Prima guerra mondiale e il crollo di Wall Street del 1929, i paesi occidentali risentono di gravi problemi in ogni aspetto della vita economica, produttiva e sociale, con gravi conseguenze. Con la crisi finanziaria americana si riducono drasticamente su scala mondiale tutti gli indicatori economici che misurano lo stato di benessere e di progresso dell’economia degli stati. Ogni stato cerca in modo autonomo di arginare la crisi con il protezionismo economico. Per salvaguardare le produzioni interne vengono avviate le prime produzioni autarchiche, realizzate esclusivamente con materie prime locali. È un periodo difficile, complesso, di forzato immobilismo che porta anche l’Italia a sprofondare in un regime che prevede piani di intervento statale, guerre coloniali e autarchia. In questo periodo tormentato il design e l’architettura italiana cominciano ad avere estimatori nel mondo: l’austerità della corrente razionalista, semplice e funzionale, caratterizzata da linee geometriche essenziali è applicata anche alle macchine per caffè con semplicità stilistica, privilegiando linee pulite e disadorne. Ogni decoro, ogni concessione al “bello” sono considerati superflui. La macchina per caffè, come ogni altro strumento di lavoro, è bella perché adempie a una funzione utile, mentre il decoro resta un retaggio da lasciare al passato. Anche i marchi risentono dello spirito del tempo e sono rappresentati secondo i dettami dell’epoca: guardate per esempio il logo della prima macchina La Cimbali Rapida, con gli stilemi tipici del periodo e il logo triangolare con le iniziali dell’azienda (Officina Cimbali Giuseppe). A metà anni ‘40, sebbene la tecnologia rimanga invariata, inizia a cambiare qualcosa nelle forme: le macchine da verticali cominciano a diventare orizzontali e le prestazioni migliorano: con i gruppi erogatori posizionati tutti sullo stesso lato un solo operatore può gestire, stando “comodamente” nella stessa posizione, l’erogazione di più caffè, diventando così più veloce ed efficiente. Compare anche un altro accessorio prima impossibile da avere nelle macchine verticali, spesso dotate addirittura di cupole: lo scaldatazze, che attesta la crescente cura per tutte le fasi della preparazione dell’espresso. Lo spazio, solitamente ricavato sopra o a fianco della caldaia collocata orizzontalmente, trova una sua funzionalità sfruttandone il calore: da allora l’espresso non potrà più prescindere da una tazzina ben calda. È questo il periodo in cui anche i grandi nomi dell’architettura si accorgono dell’importanza di questo settore e cominciano a dedicargli le attenzioni necessarie. Precursore è Gio Ponti, che nel 1947 disegna per La Pavoni una macchina ancora oggi ritenuta la più bella al mondo: la D.P. 47, ribattezzata La Cornuta per la forma a corno dei gruppi erogatori posti sopra il corpo centrale cilindrico. Oggi ne esistono solo due al mondo, di cui solo una, quella in dotazione al MUMAC, sempre visibile al pubblico all’interno del museo. È il pezzo più prezioso della collezione, tra i più richiesti per prestiti nazionali e internazionali (è stata al Museé des Art Decoratifs del Louvre a Parigi, alla Triennale di Milano, al Deutsches Museum di Monaco) ed è considerata ancora oggi la più bella macchina per il caffè al mondo. Questa macchina non è solo un congegno meccanico per la preparazione del caffè ma è una vera e propria scultura dove meccanica ed energia, eleganza ed estetica del design si fondono in un vero e proprio motore che eroga energia, sotto forma liquida di caffè. Per Giò Ponti, una macchina è molto più di un semplice dispositivo costruito che viene messo in servizio all’occorrenza. Ecco perché l'alloggiamento de "La Cornuta" si presenta come un blocco motore potente che custodisce il “segreto del suo lavoro” e dal quale, a seconda del modello, fuoriescono due, tre o quattro "corna" non meno potenti che sembrano collettori di scarico montati a flangia al blocco motore. "Una bella macchina" senza dubbio! Nonostante la bellezza ineguagliabile e lo stile che riporta immediatamente ai “bolidi” di stampo futurista, la Cornuta nasce però con una tecnologia, quella a vapore, destinata ad estinguersi da lì a poco con la transizione verso un nuovo metodo d’estrazione che ben presto soppianterà tutti gli altri: la leva. Per scoprire la nuova tecnologia, potete passare alla terza sala.
Sala 3
ANNI 50
ANNI 50 Subito entrando potete vedere sull’espositore a sinistra un pistone sezionato, posizionato vicino ad una macchina per caffè orizzontale con due caldaie. Si tratta della nuova rivoluzione tecnologica con cui finalmente si arriva al caffè espresso come lo conosciamo oggi: con la “crema”. È la macchina Gàggia Classica dotata del meccanismo “a leva”, di cui già nel 1936, Rosetta Scorza vedova Cremonese aveva depositato un brevetto dal titolo «Rubinetto a stantuffo per macchina da caffè espresso». Achille Gàggia, semisconosciuto barista milanese, acquisisce l’invenzione, sperimentandola all’interno del suo Bar Achille, e in seguito sviluppa un suo brevetto, esponendolo per la prima volta alla fiera Campionaria di Milano del 1939. Si tratta del gruppo erogatore della crema caffè (pubblicizzato come sistema «Lampo, l’unico compressore per caffè che funziona senza vapore»). A causa della Seconda Guerra mondiale però tutto si interrompe. Al termine del conflitto, si assiste a un momento unico della storia d’Italia di ripresa economica e sociale tesa all’innovazione. Il bar diventa luogo di aggregazione e condivisione, non più destinato a un’élite ma ritrovo ideale per tutti, consacrando il caffè al bar come rito sociale che travalica le distinzioni di classe. Sull’onda del benessere e della spensieratezza che attraversano l’Italia dopo gli anni bui della guerra, i bar diventano luoghi sempre più affollati e vissuti. Ci si ritrova anche per guardare la televisione, strumento di aggregazione e cambiamento sociale, ancora rara nelle case degli italiani. Oppure si sfrutta il momento del caffè per sfogliare il giornale, per discutere di sport e di politica, per trascorrere il tempo in compagnia, per dare insomma concretezza a quel concetto di “tempo libero” che solo qualche anno prima era del tutto ignoto alla maggior parte della popolazione. La vera rivoluzione nelle macchine per caffè espresso, infatti, è l’invenzione della leva. Nel 1948, viene finalmente messo in produzione, da Achille Gàggia, il modello Classica. Per la produzione della macchina, Gàggia si rivolge alle officine FAEMA di Carlo Ernesto Valente, che aveva aperto qualche anno prima la sua Fabbrica Apparecchiature Elettro Meccaniche e Affini. La macchina, dotata di due caldaie, consente, grazie alla leva, di disporre di un’alta pressione e di acqua alla temperatura inferiore ai cento gradi, senza generazione di vapore. Il risultato è straordinario: la bevanda viene ora erogata in poco più di trenta secondi, tutti i sentori di bruciato causati dall’uso del vapore sono scomparsi e per la prima volta viene prodotta la crema caffè, d’ora in poi inscindibile dal concetto di espresso consumato al bar. Il design delle macchine non rimane indifferente al fascino del modello estetico proveniente da oltreoceano: l’american style, con le sue linee sinuose, le cromature e le luci scintillanti, contamina le nuove produzioni, come per esempio nella macchina La Cimbali Granluce dalla carrozzeria in metallo lucido e illuminazione frontale. Le forme strizzano l’occhio alle linee delle automobili più in voga (la parte frontale della Faema Saturno sembra il radiatore di un’auto americana) e dei jukebox, indiscussi protagonisti dei bar e dei locali dell’epoca. Anche i grandi nomi dell’architettura si accorgono dell’importanza di questo settore e cominciano a dedicargli le attenzioni necessarie. Infatti, la voglia di sperimentare che caratterizza questo momento storico – molto creativo e tra i più interessanti della nostra storia – spinge anche i produttori di macchine per caffè a rivolgersi ad architetti e designer per studiare nuovi prodotti, in linea con le mutate esigenze. Come, ad esempio, lo studio Ponti-Fornaroli-Rosselli che disegna alcuni pezzi dallo stile inconfondibile o ancora Bruno Munari ed Enzo Mari che, nel ’56, vincono il concorso indetto da La Pavoni in collaborazione con le riviste Domus, Casabella e Stile Industria con la macchina Pavoni Concorso. Grazie ai colori e agli elementi modulari che danno alla macchina una forma sfaccettata, viene ribattezzata immediatamente “Diamante” e potete senz’altro riconoscerla facilmente fra quelle esposte verso la fine del lungo bancone bianco che percorre la sala. Al centro, è presente anche un bancone d’epoca a marchio Faema dove è possibile rivivere l’atmosfera di un bar anni ‘50.
Sala 4
ANNI 60
ANNI 60 Proprio in questo contesto comincia la vera e propria industrializzazione del settore delle macchine per caffè, che diventano standardizzate e facilmente assemblabili in linea di montaggio. La produzione passa da artigianale a industriale, e i crescenti volumi di vendite consentono di portare l’espresso in ogni bar. Le imprese, avvalorate da logiche produttive capaci di ottimizzare tempo e risorse, permettono di allargare gli orizzonti commerciali di questo nascente settore del made in Italy, che abbina sempre più tecnologia e design. Materiali all’avanguardia, firme di architetti e designer famosi, insieme a una continua ricerca tecnologica, rendono le macchine per caffè “compagne” della vita quotidiana, stabilendo nuovi standard nell’erogazione dell’espresso. Il design, già emblematico nelle macchine del decennio precedente, trova ora negli anni Sessanta e Settanta la sua consacrazione. Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Rodolfo Bonetto, Marco Zanuso sono solo alcune delle firme illustri che in quegli anni rivolgono la loro attenzione al mondo delle macchine per caffè, in un’incessante ricerca per unire tecnologia e stile in modo indissolubile. Sul fronte del design, in questo periodo le macchine per caffè diventano veri e propri capolavori delle più celebri matite italiane: la consacrazione arriva nel 1962, quando i fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni vengono insigniti del Compasso d’Oro, il più autorevole premio italiano per il design industriale concepito dall’eclettica mente di Gio Ponti. Per la prima e unica volta nella storia, una macchina per caffè espresso professionale si aggiudica il prestigioso riconoscimento: il modello Pitagora di La Cimbali incanta la giuria con un design essenziale e pulito. L’inedito utilizzo dell’acciaio inox e un telaio studiato per facilitare da un lato la produzione industriale e, dall’altro, gli interventi di manutenzione, grazie a un limitatissimo numero di pezzi e a un meccanismo di smontaggio estremamente semplice, ne garantiscono un successo senza precedenti. Un discorso a parte va fatto per la macchina per caffè più iconica, nota e diffusa al mondo: la Faema e61. Una macchina tanto rivoluzionaria da essere ancora oggi in produzione, a oltre 50 anni dalla prima comparsa sul mercato. Si tratta della prima macchina per caffè a erogazione continua che dà il via alla produzione di apparecchi professionali semplici da utilizzare e capaci di garantire la qualità costante in tazza che la ricerca del settore rincorreva da tempo. La leva viene sostituita da un’elettropompa volumetrica che spinge l’acqua a pressione fissa, producendo un’eccellente crema caffè. Grazie alla particolare valvola di infusione, la polvere di caffè viene bagnata prima di essere attraversata dalla pressione dell’acqua consentendo alla polvere di caffè di essere ben imbibita prima dell’erogazione e garantire quindi l’estrazione di tutti gli aromi del caffè. Battezzata in onore della grande eclissi solare del 1961, questo capolavoro, diventato iconico anche per il design curato internamente all’azienda ma dalla linea rimasta immutata e riconoscibile nel tempo, segna in realtà l’alba di una nuova era nella produzione di macchine per caffè da bar. ANNI 70 Gli anni a seguire sono anni difficili, passati alla storia come gli Anni di Piombo. Il grigiore del decennio paradossalmente è compensato dalle nuove forme, materiali e colori che si impongono anche nelle macchine per caffè. L’influenza americana ancora una volta si fa sentire, in un periodo in cui a livello sociale – tra rivoluzioni giovanile, femminile e operaia – i cambiamenti sono epocali, mentre a livello politico ed economico si deve far fronte alla prima grande crisi del dopoguerra. Nell’ambito il design la cultura pop spariglia le sfumature, introducendo in tutti i settori colori sgargianti tesi a esprimere una dirompente affermazione di sé. L’ultima, grande rivoluzione che investe il settore delle macchine per caffè è quella meno ricercata, se vogliamo, ma senz’altro di maggiore impatto sui consumatori: un nuovo punto di vista, un cambio di relazione. Il lavoro e la società impongono ritmi sempre più frenetici, il caffè si consuma al volo e si favorisce una maggiore produttività del bancone, con più spazio per servire i clienti. Le macchine così vengono confinate nello spazio del retro-banco, costringendo il barista a dare le spalle al cliente nella preparazione. Perde spessore la relazione, facilitatrice nei decenni precedenti di un consumo lento e “sociale”, garanzia di una qualità di scambio barista/avventore ben più significativa del semplice servizio. È solo uno spostamento di qualche metro, che imprime però una svolta epocale: l’estetica cambia totalmente, la ricerca si concentra sui gruppi di erogazione, i volumi si ridimensionano e tendono alla compattezza. Ancora una volta La Cimbali, in collaborazione con Rodolfo Bonetto, anticipa questa tendenza con la M15 (in color corallo, la trovate verso la fine della sala), primo modello colorato che assume una forma dei fianchi a “C” per consentire di compattare i volumi pur garantendo più spazio di manovra laterale al barista. Il posizionamento sul retro-banco è un cambiamento dai tratti europei che non trova eco oltreoceano: negli Stati Uniti, infatti, come in Australia, le macchine continuano a occupare il posto da protagonista sul bancone. Questa dicotomia sfida i designer a trovare soluzioni in cui le macchine non presentino più un lato nobile da mostrare ai clienti e uno da celare, ma possano essere esposte da entrambi i lati, con caratteristiche estetiche accattivanti. Ora, girate l’angolo ed entrate nella prossima sala.
Sala 5
ANNI 80/90
ANNI 80/90 Moda e design trainano l’economia e il made in Italy si afferma in un mondo che sta diventando sempre più globalizzato. Anche i produttori di macchine per caffè si affacciano sui mercati internazionali, ottenendo un successo pressoché immediato. È il periodo in cui l’industria elettronica italiana, insieme a quella dei primi computer, conquista i mercati. Lo stesso avviene nel settore delle macchine per caffè professionali, con un’eleganza, una personalità e uno stile unico, grazie alle creazioni dei maggiori designer internazionali. L’Italia, già eccelsa nella moda, nel design e ambitissima come meta turistica, diventa sempre più rappresentativa come espressione di stile e “bien vivre”, dove il rito del caffè da bar e del cappuccino acquistano popolarità anche all’estero. Con FAEMA Tronic, qui al centro della sala, disegnata nel 1983 da Ettore Sottsass e Aldo Cibic nasce la prima macchina elettronica che, con la sua pulsantiera, consente di dosare la quantità di caffè erogato. L’apertura verso mercati in cui la specializzazione del personale non è paragonabile a quella italiana e l’automatismo è più diffuso, accelera lo sviluppo delle macchine “superautomatiche” ad automatismo integrale per garantire un prodotto di qualità costante e, così, in ogni angolo della Terra si può gustare l’espresso “come si fa in Italia”. Questa apertura a nuove culture e abitudini di consumo diverse dal gusto italiano porta le aziende a progettare macchine per caffè espresso flessibili, adattabili alle necessità locali. È questo il periodo in cui nascono molte innovazioni tecnologiche atte a perfezionare sempre più le macchine per renderle di facile utilizzo, razionalizzando anche lo spazio a disposizione. La richiesta di conciliare i principi fondamentali dell’attività economica (competitività, produttività ed efficienza) con più ampi interessi, tra cui garantire la qualità del lavoro, accedere a nuovi processi formativi, tutelare la salute e l’ambiente è sempre più diffusa. Nell’ambito delle macchine per caffè ciò significa migliorare l’efficienza energetica, ottimizzare l’uso, migliorare l’ergonomia, privilegiare nuovi materiali con minor impatto ambientale, prestare attenzione alla sicurezza e alla salute di utilizzatori e consumatori, garantire parametri qualitativi di processo produttivo e di prestazioni sempre più innovativi e sfidanti. Nel 1991 l’ufficio tecnico FAEMA, in collaborazione per la parte estetica con Giugiaro Design, elabora un prodotto evoluto nel settore delle macchine tradizionali: la E91, esposta sul bancone a destra della sala. Potete ammirarne il design che si ispira alle linee armoniose dello storico modello E61, così da identificare un elemento di continuità con la tradizione dell’azienda. La E91 è dotata di una tecnologia di ultima generazione per il periodo perché equipaggiata con un microprocessore dalle prestazioni migliorate, che permette di programmare le funzioni tese a ottimizzarne la facilità d’uso e la resa produttiva. In parallelo, nelle macchine tradizionali, emerge la necessità di ridurre le operazioni di sgancio e aggancio del portafiltro, rendendo i prodotti sempre più facili da usare per il o la barista. L’avvento dell’elettronica, dunque, è sempre più determinante nello sviluppo della macchina per caffè espresso, perché consente di tenere sotto controllo numerosi parametri, migliorare le prestazioni e aprirsi, nei successivi decenni, a diverse possibilità evolutive anche nel design.
Sala 6
Entrando nella sesta sala si passa temporalmente nel nostro millennio, dove le parole d’ordine diventano flessibilità e responsabilità.
Entrando nella sesta sala si passa temporalmente nel nostro millennio, dove le parole d’ordine diventano flessibilità e responsabilità. La diffusione del consumo di caffè a livello mondiale e i cambiamenti nelle dinamiche sociali, influiscono sulle modalità di consumo della bevanda sociale per eccellenza. L’avvento del nuovo millennio, tinto da grandi aspettative e da grandi preoccupazioni, ha cambiato drasticamente la visione e l’assetto mondiale: dalle Torri Gemelle alle crisi economiche, per giungere fino all’emergenza del cambiamento climatico e della pandemia, il passo è stato tanto breve quanto significativo. I bar non sono più l’unico e indiscusso luogo di aggregazione: un buon caffè o un cappuccino si consumano anche nella sala d’attesa di una stazione o di un aeroporto, in una libreria o in una boutique, ovunque nel mondo. I primi anni del nuovo millennio vedono nelle architetture e negli ambienti comuni un ritorno al minimalismo. Figlie del loro tempo, anche nelle macchine per caffè viene declinato quel minimalismo dominante: linee pulite, eleganti ed essenziali, materiali quasi satinati e d’impatto caratterizzano il design del primo decennio del Duemila, rivolto a una società sempre più veloce ed esigente. Comincia anche a registrarsi una sempre maggiore attenzione per la cultura del caffè e per la qualità del prodotto, tendenza che porta alla nascita di una vera community di appassionati. Contemporaneamente, le macchine professionali diventano sempre più flessibili e tecnologicamente avanzate, con interfacce utenti estremamente semplici, anche touch, che coniugano il risparmio di energia con elevate prestazioni, attestando una crescente consapevolezza dell’ambiente come luogo non solo da vivere ma anche da tutelare. Se nei decenni passati è stato semplice individuare un mainstream, oggi questo non risulta possibile. La società in cui viviamo e operiamo è caratterizzata al contempo da fluidità e complessità, caratteristiche che vengono declinate, in chiave estetica, nella sintesi tra le tesi postmoderniste e le antitesi decostruzioniste. La difficoltà e la bellezza delle architetture e degli oggetti realmente contemporanei si manifestano in virtuosismi consci di queste dinamiche. È in questo periodo che Gruppo Cimbali (diventato tale nel 2005 a seguito di alcune acquisizioni, fra cui quella della storica concorrente Faema avvenuta nel 1995) ha portato, quindi, sul mercato macchine il cui design è un gioco di citazioni, come nel caso della Cimbali M100, sintesi della concezione di design industriale di Valerio Cometti di V12 Design che si impone nel nuovo millennio, con le sue linee sobrie di eleganza e funzionalità che celano tecnologie di altissimo livello. Ma anche tributi, quali la Emblema di Giugiaro, alla capacità di osare nelle forme è sintesi di un processo creativo e industriale dove il design porta avanti l’enfasi che già si percepiva dalla nascita del settore. Si osa nelle forme e si osa nella tecnologia, che diventa preziosa alleata per rendere la macchina sempre più “flessibile” e adatta soddisfare ogni esigenza, da quelle dei coffee specialist (i sommelier del caffè), a quelle dei baristi tradizionali, fino, naturalmente, a quelle dei consumatori finali. Le istanze ambientali dell’Agenda 2030 e la fragilità dimostrata dalla società “pandemica” hanno decretato dagli anni’20 la necessità di una maggior attenzione alle problematiche sociali, sanitarie e di sostenibilità diventate imprescindibili per ogni comparto produttivo: le macchine per caffè rispondono a queste istanze grazie alle innovazioni tecnologiche e alle opportunità offerta dall’Internet of Things. La maggiore diffusione della cultura del caffè e l’attenzione alla qualità del prodotto portano alla ribalta la community di appassionati, barman professionisti e specialisti del caffè e alla produzione di macchine per caffè sempre più flessibili, avanzate e sostenibili. E in una relazione di maggior consapevolezza tra proposta dei coffee specialist e richieste del consumatore, le macchine ricominciano a tornare protagoniste sui banconi.
Sala 7
In questa sala passato, presente e futuro di Cimbali Group (diventato tale nel 2022, a seguito di un’ulteriore acquisizione internazionale
In questa sala passato, presente e futuro di Cimbali Group (diventato tale nel 2022, a seguito di un’ulteriore acquisizione internazionale, quella del brand Slayer espresso) si manifestano nei propri progetti e prodotti che hanno attraversato il tempo sempre con una radice nella tradizione e una spinta costante verso l’innovazione. Nuovo respiro, aria diversa mantenendo la continuità. Così le forme si fanno stile. Ogni macchina non è mai solo una scatola per un contenuto, bensì uno scrigno sempre diverso che stimola tutti i nostri sensi a rivelare un insieme di sensazioni che mutano nel tempo e nello spazio Il caffè espresso al servizio del cliente resta, dopo oltre 110 anni, prioritario. Oggi questo significa innovare per migliorare le prestazioni e la possibilità di personalizzazione, grazie anche all’intelligenza artificiale, che favorisce la customizzazione delle funzioni ottenendo al contempo informazioni per ottimizzare settaggi e manutenzione e per consentire l’assistenza tecnica da remoto. Le macchine di oggi sono super tecnologiche sia nella loro espressione tradizionale (come M100 Attiva e FAEMA E71E, riconosciuta degna di entrare nell’Index ADI 2019 e vincitrice del Red Dot Design award 2019), sia in quella superautomatica (come la premiata per il design La Cimbali S30 con il Red Dot Design Award nel 2016 o la S15 smart nell’uso e nella tecnologia). Sono gli anni dei grandi rebranding che, con citazioni del passato, si proiettano nel futuro. Anche i marchi La Cimbali e Faema sono soggetti a un rebranding che risponde all’esigenza di far fronte alle richieste di un consumatore sempre più attento e consapevole della necessità di coerenza fra brand, pourpose e prodotto. Rebranding di cui, nel 2021, LaCimbali M200 e Faemina sono le prime rispettive rappresentanti a portare nel mondo i nuovi loghi. Inoltre, le macchine di ultima generazione acquisiscono il senso dello stile unito a quello della funzionalità. E interagiscono. Fra di loro e con le persone, in una sinestesia di funzione ed estetica. La macchina per caffè si adegua sempre di più al rispetto degli standard di sostenibilità: risparmio energetico, monitoraggio dei consumi e materiali riciclabili diventano parole d’ordine di una nuova consapevolezza. Il presente ha sempre come protagonisti i clienti, ormai liberi di interagire persino con app per ottenere un caffè su misura, in totale autonomia. Attenzione ad ambiente, ergonomia, salute e sostenibilità a tutto tondo non sono più argomenti sui quali transigere. Nel nome della tecnologia il futuro è aperto. Un futuro dedicato al servizio e alla valorizzazione di una delle bevande più richieste al mondo. Costanti restano la voglia e il gusto di un caffè preparato a regola d’arte, pausa per àntonomasia, dove ritrovarsi in un tempo che è solo nostro, nel cuore della propria casa come al bar. In ogni senso. Perché in fondo la domanda è una sola: prendiamo un caffè? E nel cuore del museo, infine, La Cimbali M100 disegnata da Valerio Cometti, diventa installazione artistica. La macchina del Centenario “esplosa” vi racconta attraverso tecnologia e design tutta la complessità di ciò che sta dietro quella che solo apparentemente è una semplice tazzina di caffè e tutta la responsabilità di rendere onore a tutte quelle 2000 mani che hanno condotto la nostra bevanda dal chicco fino a noi. Anima tecnologica, innovazione, design rivelano tutte le mani e le menti di una lunga e complessa filiera fatta di materia prima, brevetti, creatività e imprenditorialità. Una sospensione di materia e di giudizio, contenitore di piccole e grandi storie. Racchiuse qui, in un’esplosione che, come in una galassia che si espande, rappresenta una luminosa e spettacolare rivelazione di se stessa. Grazie per aver dedicato attenzione a questo excursus nel design di un settore del made in Italy complesso e in continua evoluzione, sempre al passo con il flusso temporale nel quale è immerso. Dal Liberty floreale di inizio secolo al razionalismo rigoroso, dal futurismo che aveva fatto dell'innovazione una religione ed elevato la macchina allo status di incarnazione della sensibilità artistica, dove non tanto la forma esterna della macchina, ma il suo spirito interno attirava l’interesse dei designer e in cui le parti di un apparecchio non obbedivano semplicemente a una particolare funzione e non erano il risultato di una regola scientifica, ma incarnavano un bisogno fondamentale di "bellezza", ai nostri giorni, all’estetica del controdesign in cui il focus diventa la consapevolezza che il meccanismo così come funziona non è quello ideale, dalla pop-art colorata e dissacrante al post-modernismo creativo, dal minimalismo di inizio millennio alla spinta green e infine all’oggi dove la ricerca è volta costantemente a creare un equilibrio fra estetica e funzione, tradizione e innovazione, ideazione e creazione, in una contaminazione continua di mondi, in una miscela di spirito e ritmo, di forma e sostanza, Siamo arrivati alla fine del nostro viaggio!

MUMAC – Museo della Macchina per Caffè Cimbali Group
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Questo itinerario illustra il design iconico del patrimonio del MUMAC, soffermandosi sui dettagli delle macchine del caffè e non solo
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