Itinerario completo
Questo itinerario è dedicato al Museo del Ferro di San Bartolomeo facente parte del Musil con sede a Brescia
Museo: Museo del Ferro di San Bartolomeo - MUSIL
0. Il Museo del Ferro “Lodovico Giordani” di San Bartolomeo
Lodovico Giordani (1904-1984), ingegnere specializzato nella produzione e lavorazione di acciai speciali, diresse gli stabilimenti Falck di Sesto S. Giovanni e Bolzano per poi fondare a Brescia, nel 1950, una propria azienda nel settore degli acciai laminati a freddo. Dagli anni Settanta Giordani sostenne la raccolta di attrezzi agricoli e artigianali in vista di un futuro “museo di arti e mestieri”. La raccolta, curata dall’Ateneo di Brescia, non trovò spazio espositivo adeguato. Dalla metà degli anni Ottanta Fondazione Civiltà Bresciana ha promosso il recupero della Fucina Caccagni e della contigua officina delle mole, nel quartiere di San Bartolomeo. Si tratta di una zona storicamente ricca di opifici, posta all’imbocco della Val Trompia e attraversata da canali, Bova e Grande, che azionavano decine di ruote idrauliche. Siamo quindi nel cuore antico della Brescia industriale. Inaugurato nel 1990 con l’intitolazione a Lodovico Giordani, il museo acquisì nel 2004 la collezione raccolta dall’Ateneo. Dal 1 gennaio 2007, il Museo del Ferro “Lodovico Giordani” è entrato a far parte del MUSIL - Museo dell’Industria e del Lavoro di Brescia.
1. Le Mole
Le mole sono grosse pietre circolari utilizzate per affilare attrezzi o, se mole rese lisce dall’uso, impiegate anche come materiale edilizio. In casi eccezionali, come il nostro, possono anche diventare un bellissimo pavimento, come scoperto casualmente durante i lavoro di restauro dell’edificio. Il video, girato presso l’opificio Taboni di Bovegno, in Val Trompia, mostra una mola al lavoro: l’acqua fa girare la ruota idraulica e questa le pulegge, ma l’acqua è anche il segreto per rendere le mole abrasive. Certo, poi ci vuole sempre qualcuno che sa farla funzionare: e non è per nulla facile! Il borgo in cui siamo si chiama proprio “le Mole” per la presenza di vari opifici di questo tipo: l’edificio in cui ti trovi è stato adibito alla molatura delle armi bianche e dei coltelli prodotti in Valle Trompia fin dal XII-XIII secolo. A lungo l’opificio di molatura e il maglio restarono separati: furono unificati solo all’inizio del Novecento, quando Francesco Tecchioli divenne proprietario unico, controllando quindi tutto il ciclo di produzione dei ferri da stiro a carbone.
2. Età del ferro
L’attività estrattiva in Alta Valle Trompia risale almeno al VI sec. d.C. Gli Statuti di Bovegno e Pezzaze (metà XIV sec.) sono i primi documenti che regolamentano in modo puntuale i diritti di imprese minerarie e proprietari dei terreni. Le foto esposte mostrano scene di lavoro nella Miniera S. Aloisio di Collio, una delle concessioni più importanti della Valle, rilanciata negli anni ’30 e attiva fino al 1985. La Siderite, un carbonato di Ferro, è il principale minerale di ferro estratto nelle miniere dell’Alta Valle Trompia. Il campione qui esposto proviene dalla Miniera Marzoli di Pezzaze: consigliato toccare! Il modello, invece, rappresenta l’altoforno dello stabilimento Franchi-Gregorini di Lovere, realizzato nel 1875: nell’Ottocento anche l’estrazione mineraria si industrializza e il minerale viene fuso all’interno di questi enormi torri verticali. I video raccontano due capitoli della storia della lavorazione del ferro: estrazione del minerale e altoforni in funzione all'isola d'Elba, negli anni Trenta, e l’attuale ciclo di produzione della Ori Martin, acciaieria posta a poche centinaia di metri dal museo.
3. Il territorio
La terza sala del museo è dedicata al territorio di San Bartolomeo e, soprattutto alle sue acque: alla fine del ‘200, infatti, furono derivati due canali, il Grande e il Bova (che scorre davanti al museo), che furono all’origine dello sviluppo industriale di Brescia. Il plastico mostra le ruote idrauliche attive in questa zona della città nell’Ottocento: qui c’erano più di 30 ruote idrauliche, che azionavano magli, mulini, concerie etc. Ma un paesaggio simile si aveva nelle campagne vicine e dentro le mura cittadine. La fotografia aerea rappresenta il territorio di San Bartolomeo, oggi- tanto cemento dopo. Il video vicino alla finestra mostra cosa succede quando piove a dirotto e il livello di fiumi e canali si alza: qualcuno ci deve pensare! Ci spiega tutto Cesare Dioni, direttore del Consorzio di Bonifica Oglio Mella. Il secondo video ci porta alla scoperta della rete di canali, ormai in larga parte interrati, che attraversano il centro di Brescia: ci guidano lo storico Marcello Zane e la guida Andrea Busi (associazione Brescia Underground).
4. Ruote idrauliche
L’uso della ruota idraulica risale aI I sec. a.C, ma la scoperta tardò a diffondersi per la disponibilità di schiavi e animali. I mulini ad acqua si diffondono in Europa e nel mondo arabo soltanto dopo il 1.000 d.C. Le ruote idrauliche svolsero un ruolo importante anche nelle fabbriche dell’ottocento, affiancando la forza del vapore e dell’elettricità. Infine, esse si sono trasformate nelle moderne turbine. I due modellini mostrano un maglio (uguale a quello che potrai vedere tra poco!) e un mulino da grano azionati da ruote idrauliche: per vederli in movimento, premi il pulsante! Le fotografie retroilluminate mostrano numerose ruote idrauliche collocate nel territorio di Brescia: si trattava di un elemento onnipresente del paesaggio rurale e urbano di qualsiasi contesto civilizzato, fino alla diffusione dell’elettricità (quindi quasi sempre sino all’inizio Novecento). La fucina visibile oltre la vetrata fu per secoli il luogo di lavoro di generazioni di fabbri: l’ultimo fu Mansueto Caccagni, attivo fino al 1984.
5. La fucina
Ed eccoci finalmente nel cuore della fucina: il forno e il maglio. La fucina è un locale quadrangolare, parzialmente interrato per attutire le vibrazioni prodotte dal maglio, ovvero il grande martello che ricadeva sul pezzo in ferro incandescente per forgiarlo secondo la forma desiderata. Nel forno in muratura, rivestito di mattoni refrattari, ardeva il fuoco necessario per riscaldare il ferro da lavorare. Il piano di combustione era sovrastato da una grossa cappa per la fuoriuscita dei fumi. Questo maglio ha una data di nascita: il 1751. In quell’anno fu fondata una fucina per la forgiatura e rifinitura di manufatti in ferro di piccola e media grandezza. Come possiamo notare, il contatto tra l’albero e l’estremità del manico del maglio avviene mediante un grosso anello di ferro fissato lungo l’albero stesso, in cui sono inserite delle camme a uguale distanza. Colpendo ritmicamente l’estremità del maglio, le camme facevano ricadere sopra l’incudine la sua pesante testa in acciaio sul semilavorato in ferro incandescente da forgiare. I pezzi lavorati venivano immersi nell’acqua della vasca che troviamo alla destra dell’albero. I profili dei prodotti venivano affilati e resi taglienti passandoli sulla mola in pietra arenaria, azionata con la puleggia che scorreva attorno all’albero.
6. Fuori dal museo
Eccoci all’esterno, in presa diretta con l’acqua e le canalizzazioni. Anzitutto, come funzionavano le ruote? Una volta aperte le paratoie a monte della canalizzazione, l’acqua cadeva all’interno di piccoli canali inclinati, che la conducevano a ridosso delle pale della ruota idraulica per imprimerle il movimento. Defluendo dalla ruota, l’acqua tornava a scorrere nel letto del canale, in modo da azionare gli opifici dislocati a valle dei successivi salti d’acqua. L’albero attraversa il muro del locale entro un’apertura trasmettendo il moto rotatorio verticale ai meccanismi interni della fucina, dove ora ci riportiamo. L’esterno del museo è un laboratorio tecnico a cielo aperto: le ruote idrauliche, certo, ma anche le canalizzazioni per farle girare, le paratie per regolare il flusso dell’acqua e, soprattutto, le trombe idroeoliche: le tre bocche di caduta visibili dal ponte conducevano l’acqua entro una cassa cilindrica di pietra. Cadendo verticalmente nella cassa, l’acqua si frangeva incanalando l’aria in un tubo, detto portavento, che soffiava ossigeno sulla forgia.
Museo del Ferro di San Bartolomeo - MUSIL
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Lingua dell'itinerario:
0. Il Museo del Ferro “Lodovico Giordani” di San Bartolomeo
1. Le Mole
2. Età del ferro
3. Il territorio
4. Ruote idrauliche
5. La fucina
6. Fuori dal museo
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Museo del Ferro di San Bartolomeo - MUSIL
Questo itinerario è dedicato al Museo del Ferro di San Bartolomeo facente parte del Musil con sede a Brescia
Lingua dell'itinerario:
Percorso di visita
0. Il Museo del Ferro “Lodovico Giordani” di San Bartolomeo
1. Le Mole
2. Età del ferro
3. Il territorio
4. Ruote idrauliche
5. La fucina
6. Fuori dal museo
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0. Il Museo del Ferro “Lodovico Giordani” di San Bartolomeo
1. Le Mole
2. Età del ferro
3. Il territorio
4. Ruote idrauliche
5. La fucina
6. Fuori dal museo