Itinerario completo cittadinanza
Questo itinerario è dedicato alla cittadinanza per scoprire il Museo delle Scienze Archeologiche e d'Arte dell'Università di Padova.
Museo: Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte dell'Università di Padova
Sala Benavides: Bartolomeo Ammannati, Allegoria della Sapienza
Questa sezione si sofferma sulla Sala Benavides e sull'Allegoria della Sapienza realizzata da Bartolomeo Ammannati.
La statua dell’Allegoria della Sapienza si trova nella prima sala del Museo dedicata alla collezione cinquecentesca del giurista patavino Marco Mantova Benavides (1489-1582), umanista e mecenate degli artisti del suo tempo. Gli oggetti qui esposti furono acquistati da Antonio Vallisneri professore dell’Università di Padova agli inizi del XVIII secolo, per poi essere donati proprio all’Università dal figlio nel 1733.
L’opera venne realizzata intorno al 1545 da Bartolomeo Ammannati ed è il modello della statua che si trova sulla destra del monumento funebre del Benavides nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani a Padova. Essa rappresenta la figura allegorica della Sapienza raffigurata con una veste in cui sono ricamati una corazza e dei mascheroni, riprendendo i dettagli tipici della divinità classica greca Atena o Minerva nel mondo romano, nonché divinità della sapienza. La statua si presenta incompleta nelle articolazioni dettaglio che permette di capire che si tratta di una realizzazione antecedente alle figure presenti nella sepoltura.
Sala Benavides: Statuetta votiva di offerente isiaca o Iside
Questa sezione si sofferma su un altro reperto contenuto nella sala Benavides: la statuetta votiva di offerente isiaca.
Nella terza e ultima nicchia, partendo dalla parete di fondo della sala dedicata al collezionismo, si può ammirare una scultura marmorea di epoca romana (I secolo d.C.) che ritrae una figura femminile: molto probabilmente si tratta di un’offerente devota al culto di Iside o Iside stessa.
Solitamente le sacerdotesse di Iside venivano rappresentate con uno strumento musicale (sistro, sonaglio) in bronzo dotato di fori per far passare piccole aste che, agitate, battevano sulla lamina esterna e producevano un suono considerato miracoloso; con la mano sinistra, inoltre, queste sacerdotesse sorreggevano solitamente un vaso cerimoniale chiamato situla. La testa è stata aggiunta posteriormente e, infatti, risale alla prima metà del III secolo d.C.: il riutilizzo di statue di epoche differenti era molto frequente, apportando modifiche e aggiungendo le parti mancanti.
La statua fu rinvenuta a Padova agli inizi del Cinquecento mentre si costruivano le mura veneziane della città.
Saletta 1 e 2: Carlo Anti e l’Egitto
Questa sezione si sofferma sul ruolo di Carlo Anti, rettore dell’Università di Padova (1932-1943) e professore di Archeologia classica che avviò una Missione Archeologica Italiana in Egitto (1930-1936), propriamente nel villaggio di Tebtynis (odierna Umm el-Baragat), a sud del Cairo.
Dalla fine dell’Ottocento, Roma e le altre capitali europee si fecero protagoniste di scavi archeologici in tutto il Mediterraneo, dando origine a campagne che coniugavano gli obiettivi scientifici a quelli espansionistici.
Sotto la direzione di Carlo Anti, rettore dell’Università di Padova (1932-1943) e professore di Archeologia classica, venne avviata una Missione Archeologica Italiana in Egitto (1930-1936), propriamente nel villaggio di Tebtynis (odierna Umm el-Baragat), a sud del Cairo.
Gli scavi vennero condotti in modo sistematico e portarono alla luce l’antico centro e molti reperti, tra cui centinaia di papiri, conservatisi grazie alle condizioni aride del deserto, che vennero trasferiti prima a Firenze e poi a Padova per poter essere indagati.
Al giorno d’oggi, i papiri costituiscono un’importante collezione di cui solo una minima parte è stata studiata e pubblicata, anche per ragioni di fragilità ed elevata frammentarietà: alcuni pezzi, infatti, misurano solo pochi millimetri.
La cronologia sembra ricoprire un arco temporale di più di 700 anni, dal IV secolo a.C. al IV secolo d.C., e i testi sono scritti in lingue diverse, come l’egiziano, l’arabo, il latino e il greco; è proprio da questo gruppo che derivano alcuni frammenti identificabili con testi dello scrittore Omero.
Saletta 4: Skyphoi
Questa sezione è dedicata agli skyphoi a figure rosse di produzione attica databili al secondo e terzo quarto del V secolo a.C.
Gli oggetti esposti nella Saletta 4 provengono dalla collezione privata Merlin-Hieke, due figure molto importanti per il collezionismo di reperti archeologici che, nel 2006, hanno donato la loro intera raccolta (oltre 100 reperti) all’Ateneo patavino.
Tra i reperti che si possono osservare in questa vetrina colpisce l’estrema cura che i due ebbero nel selezionare oggetti in cui spiccano decorazioni di pregio. Il n. 30, per esempio, sono due skyphoi a figure rosse di produzione attica databili al secondo e terzo quarto del V secolo a.C. e raffiguranti la civetta tra due foglie di lauro simbolo di saggezza e legata alla Dea Atena. A confronto, un altro skyphos (n. 28), sempre di produzione attica a figure rosse, datato alla fine del V secolo a.C.
Di questo si è potuto riconoscere la produzione, opera della bottega del Pittore di Penelope o, forse, del Pittore Lewis, specializzati in decorazioni di queste forme, dove sono spesso raffigurati due giovani nudi con mantelli, lance e uno scudo.
Questa particolare forma ceramica, molto profonda e con due piccole anse, era utilizzata per bere e faceva parte degli strumenti del simposio, quando, dopo il pasto, si beveva vino, si intonavano canti e ci si dedicava a diverse forme di intrattenimento.
Saletta 7: Stele Loredan II
Questa sezione è dedicata alla Stele Loredan II rinvenuta nella necropoli veneta del Centro Universitario Sportivo “Piovego” a Padova.
Vi trovate nella Sala 7 dedicata ai reperti rinvenuti nella necropoli veneta del Centro Universitario Sportivo “Piovego” a Padova. La necropoli è databile tra il VI e la metà del IV secolo a.C. e rappresenta una finestra di grande rilievo della Padova preromana e del mondo veneto durante la piena età del ferro.
Nella parete, alla sinistra, si trova la stele funeraria nota col nome di Loredan II: si tratta di una grande lastra in calcare databile tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C.
Le stele sono monumenti funerari ben documentati a Padova dalla fine del IV secolo a.C. fino all’epoca romana che venivano utilizzate per segnalare i punti di accesso alle necropoli o le tombe stesse. Molto spesso le stele presentavano raffigurazioni o iscrizioni e in particolare la stele Loredan II, rinvenuta nel 1933, presenta la raffigurazione di un guerriero a cavallo gradiente verso destra.
Saletta 9: Ponte San Lorenzo
Questa sezione è dedicato al Ponte- San Lorenzo di epoca romana, ora interrato sotto Via Altinate.
Nella Saletta 9 è visibile la riproduzione in gesso del Ponte di San Lorenzo databile al I secolo a.C.
Esso è costituito da tre archi in pietra ed è l’unico ponte romano di Padova interamente conservato. Durante il Medioevo veniva chiamato Ponte Santo Stefano per la sua vicinanza a un convento benedettino femminile così dedicato (dove ora si trova il Liceo “Tito Livio”), apparendo nelle fonti dall’XI secolo. Nel Cinquecento gli viene attribuito il nome attuale ispirato alla chiesa di San Lorenzo (soppressa in età napoleonica) che si trovava in quella zona.
Situato tra l’attuale Riviera Tito Livio e Riviera Ponti Romani, il ponte fu parzialmente interrato nel corso degli anni e riportato integralmente alla luce solo nel 1938 durante gli scavi per il restauro del palazzo del Bo.
Nella stessa occasione fu ritrovata anche la lastra marmorea che è esposta davanti al modellino, risalente alla prima metà del I secolo d.C.: essa potrebbe essere stata utilizzata, data la sua inclinazione, come parapetto di una scala che collegava il Ponte San Lorenzo alla banchina. Una curiosità: vi è inciso il nome di Allenius Strabo, il donatore del parapetto, un personaggio di epoca augustea impegnato nella vita pubblica della città.
Saletta 12: I Falsi
Questa sezione è dedicata ai vetri romani, soprattutto bottiglie e balsamari di produzione sia locale o occidentale che orientale.
La Saletta 12 è dedicata ai vetri romani, soprattutto bottiglie e balsamari di produzione sia locale o occidentale che orientale. Ma ancor più particolare è ciò che si trova nel ripiano più in basso.
Sulla destra, infatti, si possono notare alcuni oggetti privi di una connessione diretta. Essi sono tutti arrivati al Museo da donazioni private, simbolo di quanto l’Antico e la propria storia abbia sempre attratto e affascinato l’uomo.
Tuttavia, questi oggetti sono probabilmente quasi tutti falsi, sia moderni che antichi rimaneggiamenti. Erano, infatti, molto diffuse le riproduzioni che imitavano l’Antico e che venivano spacciate per vere, commercializzate dagli stessi antiquari e acquistate ed esposte dai vari collezionisti assieme a manufatti realmente archeologici. In casi estremi, la qualità di questi oggetti ha costretto la collaborazione di numerosi esperti per la loro valutazione andando a toccare diverse discipline, al fine di giungere al riconoscimento dell’autenticità di questi manufatti.
Sala della Gipsoteca: Il pavimento di Padova romana
Questa sezione introduce alla Gipsoteca dell'Università di Padova attraverso il suo pavimento di epoca romana.
Abbassando lo sguardo, ci si imbatte nel pavimento di epoca romana che domina il centro della gipsoteca, lungo quasi 5 metri e datato al I secolo a.C.
Si tratta di un pezzo d’eccezione, in quanto venne scoperto proprio durante gli scavi edilizi per la costruzione del Palazzo Liviano, nel novembre 1936, a una profondità di circa 3 metri. Oggi, ripulito, restaurato e ricollocato all’interno del Museo, è uno dei reperti che lega in modo più stretto la Padova contemporanea all’antica Patavium romana.
Il pavimento è un cementizio su base fittile con tessere in pietra di colore bianco e nero che, disposte geometricamente, compongono un semplice motivo decorativo a quadrati incrociati, presente sia sul perimetro che intorno al cerchio centrale.
Sotto il rivestimento musivo è presente una base in “cocciopesto”, un particolare tipo di cemento romano impermeabile composto da malta mescolata a piccoli frammenti di ceramica, per esempio provenienti da vasi o anfore rotte. Il cocciopesto, grezzo o decorato a mosaico, come qui, veniva impiegato come materiale da costruzione in quelle zone della casa in cui c'era presenza di acqua, come nel caso della vasca d'ingresso delle case romane (impluvium).
La sala della Gipsoteca
Questa sezione descrive nei dettagli la Gipsoteca universitaria.
La gipsoteca raccoglie calchi in gesso per la didattica della cultura classica provenienti dai musei di Roma, Napoli, Firenze e da diverse collezioni venete.
Ai lati dell’impluvium (vasca quadrangolare a fondo piatto che raccoglieva l’acqua piovana) una serie di pilastri ospita la riproduzione a figura intera dei maggiori capolavori dell’arte classica, quasi impegnati in un dialogo tra di loro.
Se in fondo alla sala spicca il gesso in grandezza reale di Hermes con Dioniso bambino, che guarda verso l’impluvium, davanti a questo si sviluppa un secondo percorso cronologico con esemplari dell’arte arcaica, dell’arte classica, del periodo ellenistico e dell’arte romana.
Lungo il muro di colore scuro, voluto da Gio Ponti per risaltare il candore dei gessi, sono esposti calchi tratti da originali greci o da copie di età romana. Lungo la parete opposta si susseguono busti di divinità, come Giunone Farnese o Poseidone.
A chiusura del percorso greco classico c’è un calco parziale dell’Apollo del Belvedere, scultura ammiratissima in passato per il giudizio che ne diede Winckelmann nella sua opera del 1763 che segnò l’inizio della storia dell’arte classica.